Matti da slegare
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Parma, anni settanta.

Gli studenti arrivano da tutte le parti d’Italia. Aria di sessantotto, collettivi, occupazione del manicomio di Colorno. Si proietta nei cinema “Matti da slegare”. Mario Tommasini, proletario e rivoluzionario, e Basaglia, aristocratico e mediatore, guidano i cambiamenti. I matti girano per la città, vanno a lavorare nelle cooperative, vengono accolti nelle parrocchie e nelle case per gli studenti La ragazza studia medicina, e vive in un appartamento dove c’è un andirivieni di gente che arriva da tutta Italia.

Paolo  è un fisico  che ha sbroccato di brutto. Progetta razzi per andare su Marte e di notte sveglia tutti perché negli armadi si nascondono i marziani. Un giorno butta giù la porta di casa, perché non c’è nessuno e lui deve entrare. Un’altra volta lancia bottiglie contro le finestre del convento di fronte, perché è anticlericale. E’ un gigante buono, con dei tratti geniali, ma a volte è anche molto bizzarro e incazzato.

Per vedere se ti fidi di lui, ti fa mettere la mano aperta sul tavolo e gioca veloce tra le dita con la punta delle forbici. La ragazza mette la mano sul tavolo, e si fida. I colleghi di lavoro vogliono bene a Paolo,  e gli mantengono il posto anche quando non riesce più a lavorare e scaraventa la sua scrivania dalla finestra. Poi Paolo si innamora di una tipa un po’ lombrosiana, con la fronte bassa e di poche parole, anche lei uscita dal manicomio. Fanno una fuga romantica a Parigi e vengono ricoverati tutti e due

Paolo spiega che era il giorno in cui volavano le angurie, perché lui e la sua compagna si erano messi a tirare angurie dalla finestra dell’albergo. L’amicizia con la ragazza che studia Medicina continua, anche se  Antonio non va più così spesso a casa sua. Quando la ragazza cambia città, Paolo la va a trovare e le regala un pacco di lettere mai spedite e un racconto che aveva scritto quando era in manicomio.

ANNO  2020

Un malefico virus si aggira per l’Europa. La ragazza è ora una psichiatra attempata. Chiusa in casa per difendersi dalla pandemia, mette ordine tra i ricordi e ritrova il racconto. Contatta l ’Università di Parma per sapere che fine ha fatto Paolo. Dopo un periodo di manicomio giudiziario(era stato trovato in possesso di una pistola e frequentava strani ambienti),si è trasferito a Milano. E’ morto una decina di anni fa, forse anche per gli effetti collaterali delle terapie farmacologiche.

La psichiatra attempata pensa allora di ricordare il suo amico Paolo, e di pubblicare il suo racconto. Per lui e per tutti quelli che nei periodi di crisi come questo sono i più fragili      e vengono sacrificati.

 

Il racconto di Paolo  (trascritto fedelmente)

Little big Horn fu l’ultima vittoria?

Giancarlo era un ragazzo fantastico .L’ho conosciuto al Pini in seconda divisione. Lui era un poeta, riusciva a fare poesie nella sua testa anche li dentro. Ci raccontava lunghe fiabe della sua vita. Diceva che se gli avessero dato la morfina ai Pini ci sarebbe rimasto anche per tutta la vita perché gli piaceva guardare la gente che passava di lì.

Ci davano il Serenase.Questa droga ha effetti bestiali. Dicono che guarisce dalla schizofrenia, ma ha effetti secondari terribili: dà  nervosismo, forte ansia, incapacità di stare fermi, il tuo corpo ti dà fastidio, ti danno fastidio i vestiti, il letto in cui cerchi di addormentarti, il cuscino su cui appoggi la testa, le coperte che ti coprono, ti impedisce di prendere sonno. Ma non diventi agitato esteriormente, ti paralizza, ti blocca, ti lega, è coercitiva .Provoca contrazioni, dolori muscolari, bava alla bocca, disturbi alla vista, fissità’  dello sguardo, cammini come se avessi le catene ai piedi, come se l’avambraccio fosse un peso da portare.

Sei terrorizzato da questo bombardamento di sensazioni che ti precipitano addosso, dalla paura che la follia sia arrivata a questo stadio. È una bomba che porta a livelli inimmaginabili di ansia ma che ti impedisce di scaricarla. Li vedi tutti questi piccoli robot     con tutti i circuiti in  corto, con un corpo incapace di seguire le istruzioni, istruzioni che non partono, con un collo tutto piegato da una parte, con una spalla che tiene un braccio piegato a mezz’aria, con i loro passetti da transistor bruciato ,con la lingua farfugliante parole di bava. L’elettroshok in fondo e’ uno scherzo, c’ e’  solo l’orrore della sedia elettrica, la paura di quando ti senti gli elettrodi alle tempie, ma  e’ una cosa pulita, solo un po’ di corrente che ti spappola il cervello.

Questo invece, il Serenase, e tanti altri psicofarmaci, è una camicia di forza chimica che ti lega per mesi  per anni, che ti getta nella paranoia, che quando esci la sera ti fa avere paura della tua ombra, di essere osservato quando guidi la macchina, paura di mettere la freccia quando devi guidare, ,paura quando sei in tram che gli altri ti guardino. Paura di te stesso. Però ancora adesso non si sa come il Serenase guarisca dalla follia, forse con il terrore della follia stessa. Giancarlo la sera andava a dormire presto. Si metteva sul letto in posizione yoga, faceva la respirazione.

Non l’avevo mai vista fare. Diventava come la statua di un demone indù .Concentrava tutto se stesso sulla vescica, vi faceva confluire tutto il Serenase, lo pisciava fuori e poi dormiva tranquillo nel suo letto bagnato. Wacatanka era il suo dio, la prateria la sua terra , la tribù i suoi fratelli, il suo grido di guerra era il suo dio, la sua terra il suo terreno di caccia, i suoi fratelli la sua famiglia.

L’ho ritrovato due anni dopo al Pini. Era stato due anni al giudiziario. Aveva il cranio rapato e pieno di croste ,aveva paura, gli avevano spezzato la schiena, era sorvegliato a vista ,non gli ho potuto parlare se non in presenza di quattro infermieri. Doveva essere curato a lungo,  condizionato ad essere un bravo ragazzo.………

 

Purtroppo manca una pagina del racconto, ma la conclusione è che questa “Little Big Horne” non  è la fine, ma l’inizio di una contro-guerra spietata e  senza limiti, nell’odio e nell’indifferenza della vendetta.”

Il racconto di Paolo è dedicato a tutti i matti che sono riusciti a ribellarsi .Non c’era solo Basaglia, c’erano anche loro

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