Molti spunti di saggezza suggeriscono che la vita sia movimento: in effetti, quando l’individuo si sente bloccato oppure ostacolato o, in ogni caso, nell’impasse, di solito la sensazione sperimentata è quella di un malessere, più o meno intenso in relazione al grado di immobilità. Anche dal punto di vista biologico, il movimento è associato al benessere e considerato uno dei fattori fondamentali la buona salute: il movimento fisico, ma anche il movimento esistenziale, nel senso del raggiungimento dei propri obiettivi e del cammino di realizzazione.
Al tempo stesso, la vita presenta innumerevoli situazioni nelle quali l’esperienza è, invece, proprio quella dell’assenza di movimento, per lo meno apparente, che, di conseguenza, mette l’individuo nella condizione di immobilità. A volte, alcune di queste situazioni sono considerate ovvie e normali: pensiamo, ad esempio, al contadino che, dopo la semina, non può fare altro se non annaffiare, curare il terreno e aspettare che il seme germogli; altre volte, invece, le situazioni di impasse sono considerate ingiuste e anormali: pensiamo, ad esempio, a qualsiasi complicazione che emerge mentre cerchiamo di realizzare un progetto o a qualsiasi “bastone tra le ruote” che interferisce con una nostra intenzione. Proprio in questi casi l’individuo sperimenta uno stato di malessere che, normalmente, presenta le caratteristiche dell’ansia, della frustrazione, del disorientamento e dell’impotenza: sentimenti che, collettivamente, sembrano particolarmente attuali negli ultimi mesi.
Il periodo che stiamo vivendo, infatti, è un buon esempio di questa evenienza: la confusione, l’orizzonte sfuocato e le limitazioni imposte mettono l’individuo nella impossibilità di progettare, di pianificare e di muoversi come vorrebbe. In altri termini, il periodo che stiamo vivendo mette ognuno, seppure in maniera e in gradi diversi, nella condizione di impasse e immobilità proprio perché limita o impedisce il movimento, sia fisico che esistenziale. Ed è proprio nelle situazioni di questo tipo che dobbiamo attingere ad un altro spunto di saggezza: se la vita è movimento, è altrettanto vero che non sempre il movimento può procedere come vorremmo o nei tempi che vorremmo o nella direzione che vorremmo. Di qui, l’importanza della capacità di attendere tanto quanto quella di muoversi.
Attendere, infatti, è una capacità che si matura, non è scontata. Attendere permette di fronteggiare la frustrazione e l’impotenza senza esserne travolti. La capacità di attendere consiste nel saper contenere le situazioni incompiute e restare aperti e fiduciosi, come il contadino che aspetta che il seme germogli: in altri termini, la capacità attendere consiste nel saper lasciare che un processo maturi e si compia, o che una tempesta passi, restando presenti, e senza interferire.
L’incapacità di attendere è uno stato tipicamente infantile: i bambini, normalmente, hanno difficoltà ad aspettare, sono impazienti per natura e non sanno reggere le frustrazioni. Nei bambini, l’incapacità di attendere si manifesta, quindi, sotto forma di impazienza, capriccio o noia; negli adulti, non di meno, l’incapacità di attendere porta, da un lato, all’atteggiamento di forzatura e aggressività e dall’altro alla rassegnazione annoiata.
Ora, quindi, in un mondo dove primeggia indubbiamente il valore dell’azione e della performance, sarebbe opportuno spezzare una lancia a favore anche della capacità di attendere. Saper stare in un processo che si matura con dei ritmi e con delle leggi a volte sconosciute è altrettanto importante che agire, muoversi e portare a termine le varie situazioni. In questo senso, la capacità di attendere diventa una forza indispensabile per non cedere agli intralci o alle difficoltà nella vita, o per poterci ri-orientare alle nostre verità più profonde attraverso uno spazio di calma e di ascolto; ancor di più, paradossalmente, la capacità di attendere diventa una forza indispensabile per poter realizzare in particolar modo gli obiettivi a lungo termine, che necessitano di pazienza oltre che di determinazione, che necessitano di attesa oltre che di azione. Quegli obiettivi o aspirazioni che, indubbiamente, proprio per la particolare complessità, hanno maggior valore e, di conseguenza, danno maggiore soddisfazione.