“Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto.”
Ti serve la nostalgia la cui etimologia greca νόστος (nostos) rimanda al “ritorno” a casa o in patria dove hai lasciato gli affetti oppure nel posto dove si sono concluse le relazioni. Più in generale significa che è dolore del passato, esprime una sofferenza ancora acuta e irrisolvibile per la perdita di qualcosa o qualcuno che ti ha lasciato, che se n’è andato.

È il 3 luglio del 1995, quando Alexander Langer decide di andarsene chiudendo la sua esistenza in silenzio, inattesa e senza avvisare nessuno. Quasi certamente nessun disagio psichico, nessuna depressione in atto se non la delusione per le difficoltà del vivere.
Per chi lo ha conosciuto o anche solo incontrato sul suo cammino, per chi lo ha ascoltato, ha memoria delle sue parole e delle sue convinzioni, non può non avvertire la nostalgia di un uomo che ha attraversato la vita troppo velocemente, vissuta quasi di fretta ma piena e profetica.
La nostalgia di Langer ti invade ogni volta che lo pensi, e non solo negli anniversari. Per me il primo ricordo risale alla fine degli anni ’70 e ho lucida memoria del giorno in cui mi dicono che ha scelto di allontanarsi dal mondo. Da quel momento la nostalgia si espande, è desiderio di passato e non bisogno, è attesa di quelle visoni e di speranza che lui ha inseguito per l’ intera vita di cui è sintesi l’immagine potente di “costruttore di ponti”, come sforzo umano e politico.
Ricordo di averne parlato con lui in un giorno di luglio di tantissimi anni fa quando insieme commissari alla maturità, io obiettore tra i primi dell’Alto Adige e lui costruttore di idee e di progetti per arginare i conflitti, ci fermammo insieme per uno scambio psico-linguistico sul termine “ponte-Die Brücke” che era stato rivista e soprattutto progetto.
Più ancora un programma profetico di costruzione comune di ponti per la pace, ponti per l’eco sistema e per la vita. Ponti di azioni decise insieme per superare i conflitti individuali e collettivi, ponti di connessioni capaci di unire e non dividere, in grado di tenere insieme, come diceva Carl Gustav Jung, le polarità interiori, il male e il bene e integrare gli opposti, non eliminare le “ombre” che ci appartengono.
Questa è la nostalgia che, oggi più che mai, mi evoca il nome di Langer.