All’inizio di ogni anno scolastico ci sono aspettative e ansie che non riguardano solo la riorganizzazione dell’attività, quanto piuttosto l’intero progetto educativo che richiede il coinvolgimento sia della scuola che della famiglia.

Genitori e insegnanti dovrebbero insieme riflettere sul malessere scolastico e affrontare temi come l’insuccesso, le difficoltà di apprendimento o l’abbandono della scuola, senza tralasciare argomenti complessi come la violenza, il bullismo, l’autolesionismo, gli attacchi al corpo, il ritiro sociale e la solitudine in età evolutiva.
Questi ultimi di sicuro sono temi scottanti, ormai sotto il microscopio delle discipline che aiutano e sostengono lo sviluppo, ma che hanno bisogno di uno sforzo in più basato sull’effettiva cooperazione tra scuola e famiglia e su una rinnovata alleanza educativa.
La scuola non è e non può essere il luogo dove si distribuiscono solo nozioni e si accrescono le competenze. Deve diventare il posto in cui si contribuisce alla crescita di individui autonomi e responsabili, capaci di autoregolarsi e governare le proprie emozioni, gestire relazioni affettive e sviluppare un pensiero critico.
Scriveva Bertrand Russel, il grande filosofo premio Nobel per la letteratura, pacifista e pensatore originale che stimolò la mia prima formazione filosofica negli anni del liceo: “Una delle cose più importanti da sviluppare negli istituti scolastici di una nazione democratica è la facoltà critica degli allievi. La formazione di menti aperte, preparate ad ammettere e a rispettare qualsiasi opinione, dovrebbe essere scopo e vanto della scuola”
Intendeva dire che non serve una scuola che fornisce risposte “pronto uso”, ma c’è bisogno di una scuola che promuova il pensiero critico.
Non abbiamo necessità di docenti che chiedono agli studenti solo di ripetere a pappagallo quello che è stato detto a lezione. Non è questa la scuola che forma e “costruisce” l’uomo, men che meno l’umano. Serve un luogo dove tutte le discipline sappiano coniugare formazione e educazione e dove in qualsiasi materia gli studenti possano sviluppare dubbi e gli insegnanti non si affrettino a fornire risposte immediate.
La vera scuola è quella che educa i bambini e gli adolescenti a pensare con la propria testa, il posto in cui anche a distanza di tempo può restare la gratitudine per quei docenti “che hanno toccato la (loro) sensibilità” e dove il “calore è l’elemento vitale per la pianta che cresce così come per il bambino” (Carl G. Jung, Lo sviluppo della personalità umana, Boringhieri vol. 17).
Conta molto allora una vera alleanza scuola-famiglia, dove l’educare è progetto condiviso tra insegnanti e genitori. È solo la cooperazione educativa che può arrestare lo scontro tra adulti di riferimento e ridurre la diffidenza, la sfiducia e l’offesa reciproca.
La collaborazione tra soggetti con funzioni diverse alimenta invece il vero insegnare ed è la coincidenza di intenti e di progetti comuni che può “lasciare segni” cioè tracce profonde nell’anima del bambino che domani sarà il futuro uomo.