La fotografia, sin dalle sue origini, è stata usata per fermare il tempo e dare un volto ai ricordi. Una sorta di rituale contro lo scorrere del tempo, fermando i ricordi e le memorie. In questa prospettiva alcune foto sono diventate le pagine degli album di famiglia: in essi ogni immagine è un pezzo di noi e della nostra famiglia.
Le foto sono lì, ci guardano da un tempo lontano e ci permettono, come in un caleidoscopio fatto di nostri attimi, di ripercorrere i nostri passi e avere una prospettiva della nostra vita. La fotografia ci permette di scavare nel rimosso e dimenticato delle nostre vite per elaborare quel che è stato, per comprendere chi siamo adesso e immaginarci un futuro possibile. Le foto dell’album di famiglia sono un materiale prezioso e delicato, al quale avvicinarci in punta di piedi anche in un contesto protetto quale può essere una terapia.
Qualsiasi fotografia può essere un mediumper conoscerci, in quanto essendo esterna a noi è una sorta di oggetto transizionale, di ponte tra dentro e fuori. Anche fotografare ci permette di andare dall’interno all’esterno e viceversa e di fermare quello che ci punge ed emoziona. Una persona esperta nell’utilizzo del mediumfotografico, attraverso domande adatte ad un processo di associazione e amplificazione, permetterà di entrare in relazione con se stessi e con parti sconosciute di sé partendo da una foto significativa per chi l’ha scelta. L’utilizzo di foto, sotto la guida di un esperto, può permettere anche di ridurre o alleviare sintomi psicologici dolorosi e di agevolare la crescita e il cambiamento. Proiettare i propri vissuti su una fotografia, esterna da sé, permette di arginare le difese, per poi riappropriarsi di quegli elementi trasformati ed elaborati in un gioco continuo tra proiezione ed introiezione.
Da molti anni con Antonello Turchetti (ArteTerapeuta, specializzato nell’uso delle fotografie, cultore in scrittura autobiografica) abbiamo ideato delle nuove modalità per lavorare con le foto e favorire un processo di conoscenza di sé e di ri-narrazione della propria storia.
Da un’intuizione di Antonello è nato il M.I.P. (Multidimensional Image Path), che permette di entrare in contatto con le proprie immagini di vita utilizzando le foto, i collage e la scrittura. La propria storia viene raccontata su più livelli, interscambiabili e leggibili su diversi piani di significato, cronologico, emotivo ecc.
La propria storia diventa una sorta di libro visivo, nel quale le pagine possono essere spostate e reinventate, se ne possono aggiungere di nuove lavorando sui livelli e giocando con le trasparenze. Da molti anni, inoltre, abbiamo adoperato le foto nell’elaborazione dei sogni, sia in setting individuali che gruppali, utilizzando fotografie già esistenti o invitando a fare foto partendo dalla narrazione di un sogno. Queste due modalità, nel tempo, sono state utilizzate in diversi contesti e sono state integrate tra loro in modo da avere una narrazione della propria vita o di un momento particolare di essa che considerasse diversi livelli di profondità e dialogo con se stessi.
Da questo lavoro insieme nasce il laboratorio Interstellar – nel tempo delle memorie, nello spazio dei sogni – come luogo dove, attraverso la fotografia e la scrittura, la narrazione di sé e dei propri sogni si attivi un nuovo dialogo con se stessi e una nuova rilettura delle proprie vite considerando il particolare periodo storico che stiamo attraversando. Le immagini ci permettono di parlare in modo più immediato della nostra interiorità e di cogliere maggiormente i cambiamenti e i traumi che stiamo vivendo. Comprendere questi aspetti e attivare la creatività nelle nostre vite ci permette di trasformare ed elaborare in modo costruttivo quello che ci accade.
Potete trovare maggiori informazioni sul laboratorio Interstellar – nel tempo delle memorie nello spazio dei sogni – al seguente link: https://www.lucegrigia.it/interstellar/