“Il maschio spacca tutto è accettato, la femmina no.” Sono le parole che negli anni settanta Elena Gianini Belotti, pedagogista e scrittrice, scriveva in un famoso saggio che si intitolava Dalla parte delle bambine.
L’autrice sosteneva che erano i condizionamenti culturali ad alimentare le diversità educative con cui si crescevano i figli. Spiegava che alle femmine non era consentito essere aggressive con gli altri e, mentre i maschi venivano educati a “non farsi mettere i piedi in testa” le bambine dovevano “aderire al modello che la società impone” e mostrare passività e docilità.
Questo era l’orizzonte educativo che quel libro, inaspettatamente famoso, denunciava indicando che la disuguaglianza e gli stereotipi di genere di fatto alimentano la violenza fisica, sessuale e psicologica. In effetti, secondo l’organizzazione Plan International, la violenza colpisce in maniera sproporzionata le femmine perché nel mondo, su 1,7 miliardi di minori vittime di abuso, 150 milioni sono bambine e ragazze e 73 milioni i maschi che hanno subìto violenza sessuale.
Anche da noi in Italia i dati sono impressionanti. Una ricerca di solo qualche anno fa di Terre des Hommes e CISMAI, metteva in rilievo come il 52,51% dei minori presi in carico dai servizi territoriali per abuso, sia costituito da femmine. Ed è fenomeno ancora sottostimato.
Chiediamoci allora cosa sia realmente cambiato dopo cinquanta anni dalla denuncia di Elena Gianini Belotti nell’approccio educativo con le bambine. Di certo non le mandiamo più a scuola con il fiocco o i l grembiulino rosa, ma il modello culturale che ha imperversato in questi decenni è stato quello planetario delle Barbie ed è ancora quello in cui prevale lo stereotipo della bellezza provocante e seduttiva.
Riviste, fumetti e libri, per non parlare oggi del web e della vetrina dei social, non fanno che mostrare un femminile che si rispecchia molto nelle bambole sexy con cui facciamo giocare le piccole. Non a caso nei loro sogni ci sono i desideri di fare da grandi le “veline” o le ballerine e le modelle di successo già a quindici anni, come ora propongono molte Agenzie di modelli in Italia.
Non possiamo dire così che sia mutata l’educazione delle bambine se ancora famiglia, scuola e società, alimentano il pregiudizio culturale che ci sono discipline più adatte alle femmine come quelle umanistiche e altre, quelle scientifiche, più per i maschi, così come lavori e occupazioni targate in rosa perché in sintonia con la “disposizione naturale” delle donne.
Di certo si potrà pensare che oggi è cambiato l’orizzonte comune, se una donna arriva alla Casa Bianca e può dire, come ha fatto Kamala Harris alle bambine del mondo, che ora tutto è possibile e non si tratta più di sognare.
Tuttavia domandiamoci con urgenza quanto il nostro progetto educativo trascuri ancora di educare all’uguaglianza di genere e alla gestione delle emozioni e questo faccia sì che i maschi incapaci di gestire i propri sentimenti, finiscano per esercitare ogni forma di violenza sulle donne. Fino a quando non avremo lottato contro gli stereotipi di una cultura maschilista, non saremo in grado di liberare le bambine dalla violenza ma anche scarcerare i maschi dalla prigionia dei vari pregiudizi con cui li facciamo crescere.