Le prepotenze dei bulli. Cosa serve sapere
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Le storie di prepotenze sono tante e le narrazioni del bullismo reale e virtuale continuano a girare di nascosto e in età sempre più precoci. I bambini ne accennano già alla primaria dove fin dalla terza classe ho sentito sussurrare con timore di molestie fisiche e offese verbali difficili da dire.

Se insisti però, quei bambini ti dicono che è meglio far finta di niente e mostrare un sorriso divertito piuttosto che far vedere l’umiliazione e il dolore. Come sempre nella violenza, il silenzio nasconde paura e vergogna. 

Mi hanno colpito allora i risultati di questionari raccolti in forma anonima in una Scuola primaria della Provincia di Bolzano che hanno reso evidente quanto i piccoli abbiano bisogno di vuotare il sacco e di qualcuno che ascolti la loro sofferenza. Ho capito che c’è una linea continua tra le offese reali e quelle in rete e che un Internet Sicuro si raggiunge con il passaggio di informazioni e con spazi dove i bambini possano narrare le loro storie di prevaricazioni a un adulto affidabile. 

Dalle loro risposte ho trovato che tra i 9 e gli 11 anni c’è una maggioranza (52,7%) che ha visto e vissuto prepotenze e offese. Ho scoperto che le più frequenti sono prese in giro (62,5%), insulti (50%), minacce (35,7%) e l’esclusione dal gruppo (28,6%), faticosa da sopportare quanto le aggressioni fisiche (26,6%). Ho verificato che il bullo agisce di nascosto e che il cortile è pericoloso (46,4%) perché lo è sempre stato, ma mi ha sorpreso sentire che ancora oggi in classe non si è al sicuro perché molti vengono derisi (35,7%) e poi si finisce sui social. 

Mi ha confortato sapere che c’è un 51,8% di compagni che aiuta la vittima, ma mi preoccupa il gruppo (19,6%) che sa e non dice e quello (14,3%) che tace perché ha paura. Ancora di più fanno riflettere quelli che si divertono (8,9%) alle spalle di chi sta male. 

Se il 67,9% degli insegnanti sa intervenire per proteggere i più deboli, c’è ancora un 19,6% che non si accorge della violenza che gira dietro le loro spalle. 

Come sempre è la prevenzione e la formazione deglimadulti che serve. C’è sempre più bisogno di una comunità educante capace di cogliere il disagio, lo sconforto e le paure di un bambino preso di mira in classe e sui social. E credo che gli adulti significativi debbano diventare affidabili, attenti e capaci di accorgersi sia delle vittime che dei bulli per intervenire prima che sia tardi.

Per riconoscere chi sta male è importante che non si trascurino i cambiamenti improvvisi del comportamento e non si liquidi come scusa quel malessere del mattino che fa chiedere di non andare a scuola, quando invece blocca la paura dei bulli.

Anche il timore delle verifiche o delle interrogazioni potrebbe essere un segnale di ansia per i compagni minacciosi e un calo repentino del rendimento scolastico il campanello d’allarme. Se poi mancano gli amici reali e rari sono gli inviti dei pari, c’è da domandarsi cosa sta accadendo. 

I disturbi del sonno, quelli che fanno tirar tardi la notte magari a chattare sul cellulare, sono da controllare così come quello stare troppo a lungo nella propria camera potrebbe segnalare un iniziale ritiro da un mondo. Ancora di più, però, devono allertare i polsi coperti di bracciali e le felpe con maniche troppo lunghe. Segno che il disagio è già presente.

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