Passione. L’energia  necessaria per una vita consapevole
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Passione è un termine complesso e difficile da definire. Deriva dal greco “pathos” che indica un misto di emozioni e rimanda alla sofferenza e al dolore, anche se fermarsi a questo significato sarebbe riduttivo.

Chiamiamo passione quel movimento interno turbolento, a volte simile a un terremoto, che ha coloriture intense e diverse, travolgenti e entusiasmanti, tempestose ma allo stesso tempo meravigliose e illuminanti per la coscienza. Per questo motivo Marie Luise von Franz, allieva di Jung, diceva che “Nessuna consapevolezza è possibile, senza il fuoco dell’emozione e del dolore”.

Per i greci la passione era considerata il motore irrazionale dell’esistenza, il fuoco vivo dei sentimenti senza la cui fiamma ogni uomo “non è nulla” in quanto, “una fiamma deve bruciare da qualche parte, altrimenti non splende nessuna luce, non c’è calore, non c’è nulla” (C. Gustav Jung) Vivere una vita con passione allora è viverla appieno ed essere consapevoli anche della propria realtà interiore fatta di emozioni e sentimenti facili o turbolenti ma da gestire con l’intelligenza emotiva che ci può dare gli strumenti necessari per stare nel qui e ora e accettare i continui mutamenti dell’esistenza.

In questo senso passione e amore, benché non sovrapponibili, sono considerati stati simili molto vicini alla follia in quanto inaccessibili alla ragione e al pensiero. Si perde la testa quando ci si innamora. Allora più prossimo alla passione c’è l’innamoramento che è fuoco perturbante che brucia, divampa e ti trasporta nel paradiso dei sensi. Così la passione ci attrae e ci spaventa, ci cattura o ci fa volare.

Ma oggi purtroppo, nella nostra quotidiana esistenza ci ritroviamo distanti da essa. Nell’era del digitale, la passione e l’amore hanno mutato forma. Entrambi questi sentimenti sono diventati temibili e da evitare. L’amore che per natura è relazione con l’altro, si è trasformato, scrive Umberto Galimberti, in “culto esasperato della soggettività, in perfetta coerenza con l’esasperato individualismo cui non cessa di educarci la nostra cultura”

Ed è allora che, al tempo della “comunicazione social” ci accorgiamo di quanto l’educazione abbia estromesso l’attenzione ai sentimenti e alle emozioni. Non per nulla insistiamo sull’importanza dell’educare alle emozioni e poi, in maniera contraddittoria, scopriamo che in alcune scuole dell’infanzia si trasformano le emozioni in emoticon e una moltitudine di adulti riempie le sincopate comunicazioni online di ebeti faccine e di improbabili manine preganti per esprimere quello che non si sa più dire a parole.

Ma non si dica, per favore, che è la necessità di velocizzare i messaggi. Piuttosto si prenda atto che abbiamo impoverito il linguaggio dei sentimenti e resi analfabeti in comunicazione affettiva le nuove generazioni.Riappropriamoci invece della passione e torniamo a parlarne con i figli.

La si insegni a scuola, finalmente, ma si ricordi che la parola insegnare vuol dire “lasciare segni” negli animi dei bambini, ovvero tracce vive della nostra presenza educativa e non lezioni teoriche. Aiutiamo i giovani a non temere le passioni e a non aver paura degli affetti, dell’amore e delle sue tempeste.

Per farlo dobbiamo appassionarli e educarli a navigare nel mare della vita non con il timore delle burrasche, ma con la preoccupazione che il pericolo più grande è la bonaccia. Cioè l’indifferenza.

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