Una scuola da ricostruire in fretta
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Non si fa che parlare della scuola e della didattica mentre la pandemia imperversa. Giustamente se ne parla. È troppo importante questa istituzione per il processo di crescita. Ma purtroppo c’è tanta confusione a livello organizzativo e sul come fare. Si discute sulla didattica a distanza che non funziona e produce danni soprattutto psicologici.

In effetti sappiamo che “la scuola senza la scuola” manca di relazioni, annulla la presenza del corpo e da remoto, dietro PC o tablet (quando ci sono) si vedono visi distratti e sguardi assenti o poco partecipi. Bambini e ragazzi hanno necessità di tornare a occupare in sicurezza gli spazi scolastici, perché la DAD (acronimo ormai noto per dire Didattica a Distanza) non potrà che servire alla scuola solo in via eccezionale. Ma è bene vigilare perché, come dice il maestro Caliceti nel suo libro “La scuola senza andare a scuola” potrebbe diventare una modalità parallela a quella tradizionale. Il che sarebbe un guaio.

Non demonizziamo però la DAD che, bene o male, ha avuto la sua funzione. Non agitiamo il fantasma dei vuoti cognitivi che si ripercuoteranno sui “Coronials”. Tantomeno usiamo lo spauracchio della mancanza di socialità e relazioni che questa “non-scuola” produce annullando la presenza fisica e i contatti reali. Conosciamo questo aspetto mancante ma non ci aiuta la nostalgia della scuola pre-Covid, che ancor prima del coronavirus viveva nel malessere e nel malfunzionamento. È noto che non ha mai svolto funzioni educative, nel senso pieno del termine. Ha fatto e fa istruzione. Educare vuol dire “far venir fuori l’anima”, non tanto mettere dentro cognizioni e “saperi”. Il versante mancante, ora come prima, è l’educazione alle emozioni e ai sentimenti, che significa accompagnare i minori a diventare ciò che sono, aiutarli a gestire le loro pulsioni e condividere con gli altri emozioni e sentimenti.

È la povertà educativa che va affrontata dalla scuola. Senza l’attenzione al piano affettivo, continuerà, ad esempio, ad essere incapace di arginare le varie forme di bullismo che si caratterizzano come comportamenti carenti di empatia. La scuola educativa invece, deve poter contare su insegnanti attrezzati a dare risposte costruttive ai bulli, non solo punitive. Sospenderli dalle lezioni non ha alcuna utilità in quanto essi hanno bisogno di un surplus di attività realmente educative. C’è necessità di adulti autorevoli e normativi, di insegnati in grado di cogliere precocemente i segnali del disagio e di consulenti scolastici più presenti, incaricati di dare risposte concrete al malessere giovanile magari con la gestione di laboratori di comunicazione in cui far prendere coscienza a vittime e persecutori di cosa si prova quando si è offesi o presi in giro.

Non basta più la scuola che punta allo sviluppo cognitivo, ma servono progetti educativi in grado di sviluppare nei bambini e negli adolescenti risonanza e partecipazione emotiva. Sentimenti che permettono di cogliere la differenza tra un gesto di cura e uno offensivo.

La scuola futura da costruire in fretta dovrà saper arginare i comportamenti violenti ed essere capace di utilizzare i linguaggi delle nuove generazioni per una comunicazione efficace. Attività che possono trovare spazio anche nella scuola a distanza, ma che devono impegnare docenti e genitori in momenti di formazione comune. In particolare sarà necessario sviluppare progetti di educazione tra pari utili a coinvolgerli in una scuola pro-attiva e a trasmettere buone prassi. Visto poi, che superata l’emergenza e contenuto il contagio, dovremo in futuro prevedere aule tradizionali e virtuali, lavoro in presenza e da remoto, si dovrà pensare a formare i docenti all’educazione col digitale e al digitale. C’è necessità infatti per una DAD funzionante che gli operatori della scuola siano messi in grado di usare registri comunicativi differenti nelle lezioni in presenza e a distanza. Che sono modelli di comunicazione totalmente diversi.

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