Caro amico ti scrivo…  (racconto)
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Caro Amico,

eccomi qui dopo un anno di lavoro dentro me stessa ad aver trovato finalmente una risposta a ciò che cercavo, e tu inconsciamente ne sei stato il tramite. Sono consapevole che quello che sto per fare è un passo difficile e faticoso da compiere, molto diverso da quelli passati, tuttavia se voglio cambiare devo pur iniziare da qualche parte e quindi raccolgo i tuoi consigli e la  tua richiesta.

È da marzo, dalla prima volta che mi sono trovata senza nemmeno le mie passeggiate, che ho capito che alla fine siamo tutti nella stessa condizione: in bilico verso il futuro. È stato proprio in quel periodo, se ben ricordi, che avevo pubblicato in Facebook quel post bizzarro che diceva “Cercasi domatori di desideri”. Beh, devo dirti che nei giorni seguenti, quella mia idea mi ha permesso di ricevere alcune proposte che sembravano avere un futuro, sino a quando alla prova pratica non sono andate in fumo. Poi, dal nulla, è spuntato un certo Filippo, mi ha cercata, mi ha chiesto di cosa avessi bisogno e mi ha esposto cosa lui stesse cercando. Io, per la prima volta, mi sono presentata senza parlare della mia malattia, ma semplicemente come Roberta. Ci siamo subito trovati in sintonia e abbiamo iniziato a lavorare assieme, a distanza. Filippo cercava dei nuovi brani che trasmettessero emozioni da trasformare in musica, (è un musicista, compositore e interprete di colonne sonore) e io non potevo chiedere di più. Successivamente, però, mi ha proposto di invertire i ruoli, ovvero lui avrebbe composto delle musiche e io avrei dovuto interpretarle e raccontare cosa le sue note esprimevano per me. Una proposta inusuale, ma anche il percorso di psicoterapia più importante che abbia mai affrontato.

Così, ho subito cambiato la mia scrittura. I miei brani ora spaziano in ogni dove e in ogni epoca come le sue musiche. Di malattia non si parla più, ora parla Roberta. Solo più tardi, per caso, Filippo ha scoperto che sono una paziente oncologica, perché dovendoci sentire un certo giorno, gli ho risposto che non avrei potuto perché impegnata con la terapia. Lui ha reagito chiedendomi «Terapia?».  Io, «Sì, non te l’avevo detto? Sono una paziente oncologica». «Poco importa – mi ha risposto – l’importante e che tu ed io continuiamo a inseguire i nostri sogni». E così è stato fino ad oggi e spero sia così anche in futuro. Intanto ho imparato a distinguere il suono di un pianoforte a coda da uno a muro; il significato e l’origine delle note; cosa interpreta un suono acuto e tantissime altre cose a me fino ad allora sconosciute. Tramite lui ho conosciuto per via epistolare anche il regista Giuseppe Aquino, con il quale ora mi piace confrontarmi su come un film viene costruito e cosa c’è dietro.

Con Filippo mi sono incontrata di persona a fine agosto prima di approdare sull’“Isola dell’Amore”, situata al largo della foce del Po. Un’isola, per ora occupata solo da un faro dell’esercito in disuso e da un ristorante che sta cercando di aprire pur con tutte le difficoltà di quest’anno. Per il resto nulla, solo spiaggia e natura selvatica e noi, come naufraghi, ci siamo ritrovati lì in cinque, tre dei quali mai visti prima. Esattamente non sapevo nemmeno perché fossi lì, ma fidandomi ciecamente di lui – perché come tutti gli artisti, Filippo ha quella vena di follia che fa star bene, che è energia pura – non ho fatto domande e mi sono lasciata coinvolgere in questa strana avventura. L’unica cosa che mi aveva richiesto era il tipo di abbigliamento, il luogo e l’ora dell’incontro. Alle 8.30 del mattino, un motoscafo è venuto a prenderci al molo per portarci sull’isola, dove siamo rimasti fino alle 21.00. Ho trascorso un giorno magico, pieno di energia positiva, di stupore, di suggestioni nuove. Oltre a Filippo, con noi c’era un’attrice, una truccatrice, un’operatrice di ripresa e Giancarlo,

Su “L’isola dell’amore” per girare un video

mio marito.

Posso dirti che non so ancora di preciso cosa ne farà del video che abbiamo girato, ma so per certo, però, che lì, di fronte al mare – davanti al tutto e al niente – quando lui mi ha chiesto di raccontarmi, ho capito che da qui in avanti voglio esistere io come Roberta, in quanto la malattia è già parte di me e non ha più bisogno di mettersi in mostra. Ti confesso che ho lavorato molto su questo aspetto e sul come fare a staccare l’immagine che ho tenuto addosso finora, per diventare quella che sono. Anche durante l’esperienza, seppur bellissima, di #iolamascherinanonlatolgo, (400 selfie in poco più di 24 ore), so che non sarebbero mai arrivati i titoli dei giornali e tutte quelle foto, se non avessi messo in evidenza a grandi caratteri ”PAZIENTE ONCOLOGICA” e tu sai che è così. Beh ora stop, ho deciso che non dovrà più essere così e che quel poco che riuscirò a fare, a produrre, a terminare e a ri-iniziare, lo farò come Roberta. Roberta e basta.

Sarò comunque sempre al fianco di chi ogni giorno mi chiede consiglio, aiuto, pareri. Quello che raccolgo dai proventi dei libri andrà sempre là, dove c’è più bisogno, ma in forma anonima, personale, senza dover ottenere il massimo rendimento speculando ancora una volta sulle parole” Paziente oncologica”.So bene che questo mi penalizzerà molto in fase di vendita, ma poco importa. In questo momento voglio mettermi alla prova, devo crescere con le mie forze e non con il pietismo. Voglio che chi compera un mio libro (o, se riusciremo, un libro narrato/musicato), sia solo perché ha desiderio di ascoltare e leggere ciò che c’è scritto. Voglio essere libera, insomma, libera da questa etichetta che sempre più mi pesa e voglio ritornare a essere me stessa, non quella di prima, ma la “me stessa” di oggi.

So che sarà difficile spiegare tutto ciò a chi mi segue da tanto tempo e in effetti non so ancora come comunicarlo. Per intanto ho provato a lanciare piano piano qualche accenno in rete, poi, ne sono convinta, verrà il momento giusto. Anche le dirette Facebook con Cecilia le abbiamo impostate su altri ambiti, forse più difficili da proporre, ma quanto meno di maggior gratificazione per noi che le facciamo. Pensa che proprio mercoledì scorso un medico, prima di comunicarmi i risultati degli ennesimi esami, mi ha chiesto: «Mi promette che continua a progettare?» «Si» – gli ho risposto sorridendo e non aggiungendo altro. In fondo, non è questo ciò che ognuno di noi si vorrebbe sentir dire alla fine?

Tornando a noi, a questa lettera, sono convinta che ciò che ho scritto sia più utile a me che a te: non so fino a che punto possa interessarti di questa nuova “io” che cerco ora di rincorrere e di scoprire con il puntiglio di cui sai. Ma credo che ti farà piacere, essendo stato tu a chiedermi di cambiare passo. So che ora sono questa: una donna che vuole mettersi alla prova per vedere quanto vale, attraverso un nuovo modo di scrivere da una parte, e un’esperienza nuova, entusiasmante, divertente, intrigante, dall’altra. Chissà quale dei due progetti terminerò per primo. Chissà. So solo che qualsiasi cosa che farò in futuro, sarà qualcosa che farò con entusiasmo e a viso aperto, senza nascondermi dietro alle convenzioni, ai dubbi e alle paure.

Grazie per avermi dedicato il tuo tempo.

                                                                 Roberta

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