Attraversiamo un tempo in cui tutto è come in sospensione. Per un verso ci troviamo nel periodo dell’anno coincidente con l’attesa che la liturgia cristiana chiama “Tempo d’Avvento”, ma è da sempre il tempo del nuovo che si aspetta. Il nuovo sole che nasce, ovvero il rinnovamento della natura. Quest’anno però dentro tale dimensione c’è anche il lockdown della coscienza, la sosta forzata, l’essere fermi ad aspettare a lato o sul margine della strada che qualcosa prima o poi accada. C’è un orizzonte annebbiato che non fa immaginare come e quando sarà la ripresa.
Appare lontano il cambiamento e a tutti sembra di essere fermi, con i ceppi alle caviglie. Bloccati. In questo tempo, allora, la parola “Attesa” ha coniugazioni meno ampie e profonde. Ma l’abbiamo fatta risuonare tra di noi, ce la siamo passata di mano chiedendoci reciprocamente possibili associazioni perché sappiamo che la parola stessa è generativa.
E’ chiave che apre porte e finestre diverse. Ne sono nati pensieri e riflessioni, prospettive e spazi da riempire che trovano posto nelle pagine di questo Magazine che invito a leggere. L’augurio è che siano immagini in grado di trasformare ciò che sta accadendo e portino con sé visioni multiple e rinnovate del mondo e delle relazioni. Abbiamo un acuto bisogno di storie nuove da narrare nell’anno che viene, di sguardi aperti e non soffocati dalla paura. Abbiamo la necessità di trovare la pazienza e la resilienza, e coltivare speranza, che sarà energia utile se avrà i semi della solidarietà.
Giuseppe Maiolo