Gli adulti hanno il compito difficile di contenere il proprio disorientamento e gestire la propria ansia, continuando a dare un senso alla vita senza rinunciare al dolore e all’impegno di costruire un mondo migliore. Ma allo stesso tempo hanno il dovere di proteggere e rassicurare i più piccoli aiutandoli a leggere gli eventi, a tradurre i loro timori in parole, le emozioni in espressioni, i pensieri preoccupati in fiducia. Vale la pena allora ricordare quanto un adulto può fare per i bambini e i giovani soprattutto in un momento in cui essi, come tutti, sono sovraesposti ad una quantità di notizie e di immagini che giungono nelle nostre case in tempo reale.
È necessario, ad esempio, che i bambini non siano lasciti soli davanti al televisore e alle scene più vive e preoccupanti dei telegiornali e degli speciali televisivi. Serve loro qualcuno che sia presente, che li accompagni e li aiuti a interpretare ciò che vedono e sentono. Un adulto che possa raccogliere le loro domande. Ai più piccoli serve qualcuno che spieghi con le espressioni più adatte cosa significa guerra, morte, terrorismo perché queste parole riecheggiano in loro scenari e preoccupazioni ben più devastanti che in noi adulti. Alle volte però, quando gli interrogativi sono difficili, potrebbe non far male ammettere che anche i grandi non sanno rispondere a tutto.
Ciò che più conta invece, è incoraggiarli a dire quello che provano dentro e invitarli a parlare di quello che hanno visto o letto, sentito dagli amici o a scuola.
Essi hanno bisogno di non trattenere i loro pensieri e gli interrogativi angoscianti che possono riempire la mente di terrore e paura. In questo frangente è, più che mai, utile permettere loro di esprimere paure e timori, angosce e preoccupazioni che affollano l’anima accettando di discutere insieme e apertamente di tutti i sentimenti provati. Bambini e adolescenti devono sapere che le emozioni di per sé non sono né buone né cattive e che è assolutamente normale avere paura, rabbia, sconforto di fronte ai fatti inquietanti della guerra.
Se noi per primi accettiamo le nostre emozioni e non le nascondiamo, consentiamo anche al bambino di piangere o di essere triste, di arrabbiarsi ed essere nervoso senza sentirsi ridicolo o in colpa. Se c’è un rischio che corriamo tutti è quello di anestetizzare i sentimenti, raffreddare le emozioni e diventare spettatori passivi e distaccati. Se poi, come qualche volta succede, i bambini più sensibili e meno capaci di autonomia manifestano comportamenti regressivi, non serve preoccuparsi più del necessario. È assai frequente per tutti, e in una certa misura normale, difendersi dal presente e dalla paura per il futuro rifugiandosi nel passato.
La cosa più importante è comprendere senza deridere né criticare un bambino o, ancora di più, forzarlo a fare qualcosa quando non se la sente. Se vogliamo veramente aiutarlo a superare il tempo dell’angoscia, a vincere i suoi terrori e a continuare ad aver fiducia nella vita, dobbiamo spostare l’attenzione su ciò che di buono e positivo è comunque possibile trovare anche nelle situazioni più drammatiche.