La maggioranza degli articoli e delle discussioni rispetto al tema scuola, in tempo di pandemia, verte sui ragazzi. Su chi sta usufruendo della DAD e delle tante difficoltà di vivere la scuola dalla parte del fruitore. C’è però l’altra dimensione, quella degli insegnanti.
Se la situazione attuale porta sicuramente tanto disagio negli studenti, sono certo che ne stia portando altrettanto anche alla categoria degli insegnanti.Non deve essere per nulla facile modificare il proprio modo di insegnare passando dal lavoro in presenza al lavoro in digitale. Non è solo un problema di conoscenze su come funziona Google Meet o Zoom o altri software di video conferenza. Si tratta di ripensare una didattica in cui la classe è smaterializzata, in cui i corpi degli studenti non esistono più, se non piccole icone su uno schermo.
Sicuramente ci sono molti insegnanti che vorrebbero riabbracciare i propri studenti, stare in contatto con loro e soffrono per questa modalità che purtroppo è imposta per una logica sanitaria e non relazionale.Mi viene da pensare, inoltre, che comunque l’insegnante non è solo una professionista, ma c’è tutto il piano personale, l’uomo e la donna che sta affrontando la fatica di una situazione sociale che si protrae da tanto tempo. L’insegnante/persona magari ha avuto un parente ammalato, o si è ammalato esso stesso. Soffre perché non può andare a trovare il proprio genitore che vive in un struttura sanitaria, o ha il proprio marito o compagno in cassa integrazione, un mutuo da pagare, dei figli da accudire etc.
E’ naturale quindi supporre che tanti insegnanti siano in sofferenza, personale e professionale, e questo me ne dispiace.E’ vero però che la sofferenza non è solo un fatto personale, chi soffre purtroppo porta sofferenza nel mondo.Per questo ritengo sia importante pensare a come aiutare tutti gli insegnanti che attualmente sono in difficoltà per i più svariati motivi. Questo non solo a beneficio degli insegnanti stessi, ma anche degli studenti.
Chi conosce un minimo il mondo della scuola sa che un insegnante in difficoltà non solo è meno produttivo, ma può, con i propri comportamenti, creare disagi più o meno importanti nei propri studenti.Chi si prende cura quindi degli insegnanti? Credo quindi che anzitutto sia, in primis, una responsabilità personale dell’insegnante stesso. Come professionista è importante essere consapevoli che la qualità del proprio lavoro dipende anche dalla qualità della propria salute psicologica e fisica.
La salute psicologica è, come la salute fisica, il risultato di tanti piccoli e grandi comportamenti quotidiani, insomma anche qui di uno stile di vita.Sappiamo da tempo quali possono essere questi comportamenti che qui elenco:
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Attività fisica regolare
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Sonno adeguato
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Alimentazione corretta
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Rilassamento attivo e/o meditazione e/o Mindfulness
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Prendere del tempo per stare da solo con sé stessi
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Impegnarsi con i colleghi a celebrare i successi e piangere i dispiaceri in gruppo
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Entrare in contatto con altri colleghi, di persona o tramite discussioni online, per un supporto condiviso che aiuta a comprendere che non si è soli.
Questi sono comportamenti minimi, e sicuramente molto utili se portati avanti con regolarità e costanza. Se tutto questo non portasse articoli benefici è importante avere il coraggio di chiedere aiuto a professionisti del settore che eventualmente possono proporre altri percorsi più mirati a superare il disagio.
Io credo che il più importante passo sia accettare che ci può trovare in sofferenza, e di conseguenza attivarsi per superarla. Non solo per il bene proprio, ma anche per il bene degli alunni. Non c’è nulla di male a soffrire, è una condizione dell’essere umano, l’importante è attivarsi per affrontare le difficoltà.