Dante e il suo tempo
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Paragrafo 1

Si parla di Dante e si pensa al Medio Evo, a quei secoli bui evocati da storiografi, giornalisti, studiosi…Medio Evo vuol dire semplicemente “età di mezzo”, ma ha un vago senso dispregiativo, come se non avesse caratteristiche sue proprie…anche il Romanticismo è un’età di mezzo fra Neoclassicismo e Decadentismo, ma nessun critico ha mai pensato ad una definizione di questo tipo.

Il fatto è che il Medio Evo rappresenta il periodo compreso tra Mondo Romano e Mondo Moderno, nato dalle ceneri di un impero squassato dalle invasioni barbariche che hanno causato non solo la fine di un’epoca che aveva al centro la città di Roma, ma anche la fine di una lingua che aveva unito popoli diversi, amministrati da un comune Diritto.

Per molti, Medio Evo significò l’epoca della più alta affermazione della Chiesa, l’epoca in cui la vita e l’esperienza terrena furono intese come un episodio, una fase di passaggio e di preparazione alla più vera ed eterna vita dell’anima nella sua patria celeste: dunque un’età caratterizzata e dominata dall’attenzione alla vita eterna e dal misticismo. Le correnti culturali e i movimenti di pensiero che si opposero nel corso dei secoli a questa visione religiosa del mondo, collaborarono alla costruzione dell’idea di un Medio Evo segnato dall’oscurantismo e dalla decadenza, ma per altri movimenti di pensiero (come il Romanticismo, ad esempio) il Medio Evo è invece quella età primitiva e popolare in cui maturano i motivi fondamentali della storia politica e culturale delle nazioni europee.

Allora, Medio Evo come parentesi di oscurantismo e di stasi, o come fase positiva e necessaria dell’evoluzione dell’umanità? Frattura e decadenza o continuazione e sviluppo della spiritualità e della socialità umana?

E sono ancora attuali civiltà e idee allora maturate o rappresentano qualcosa di archeologico relativo a società e cultura superate e senza legami con il nostro mondo?

Medio Evo come epoca di barbarie che interruppe il processo di sviluppo della civiltà classica fu idea sviluppata dagli Umanisti nei secoli XIV e XV a causa della prevalenza di interessi religiosi che portarono all’abbandono di studi filosofici e retorici considerati “pagani”.

Medio Evo come età della superstizione, della fuga dalla ragione, dell’abbandono del raziocinio fu idea dell’Illuminismo nel secolo XVIII; diventò perciò un mito negativo che offriva esperienze superate da rifiutare. Gli illuministi però non tennero conto del fatto che tradizioni, usi e strutture non erano medievali, ma affondavano le loro radici nella società romana.

Medio Evo come età in cui, attraverso un secolare travaglio, sono sorte le nazioni moderne, le lingue e le letterature nazionali dei nuovi popoli è idea del Romanticismo, nel secolo XIX.  Il Medio Evo per i Romantici è il punto di partenza di una nuova civiltà in cui l’umanità rinnovata dal Cristianesimo esprime le virtù della fede, della lealtà cavalleresca, della fantasia creatrice, del sentimento generoso. Dunque si dispiega un misterioso disegno provvidenziale, ma in realtà questa visione si rivela molto distante dalla realtà storica e sociale dell’epoca medievale.

Medio Evo come epoca storica caratterizzata da una vita economica e commerciale, da contrasti di classe, da continuità culturale con i secoli precedenti è idea che si afferma nella seconda metà dell’‘800, quando si sviluppano il Positivismo e il Materialismo storico che superano i pregiudizi relativi a separazione fra cultura profana e cultura ecclesiastica, spiritualità colta e spiritualità popolare.

 Paragrafo 2

 Verso la fine dell’anno 1000 si colloca la svolta decisiva della vita economica e sociale dell’Europa, una svolta di tale ampiezza e significato da modificare profondamente la situazione demografica, i rapporti economici e sociali e da rinnovare la vita culturale.

Fino al 1000, l’Europa è come una fortezza assediata da tutti i lati: a nord ci sono i Normanni, a est i Mongoli, a sud e ovest i Musulmani. Il Feudalesimo ha diviso i territori e creato una rigida scala “gerarchica”. Il Cristianesimo è l’unico detentore della cultura, dato che le Scuole capitolari sorgevano al fianco delle Cattedrali e determinavano la conoscenza e la diffusione del pensiero, attraverso l’uso della censura imposta agli amanuensi perché non diffondessero gli scritti “pagani”.

Quando le tensioni si placano e l’Europa conquista un nuovo assetto, con il contributo determinante delle Crociate, riprende l’agricoltura, si realizza un notevole incremento demografico, si attivano i traffici, le città riacquistano importanza, diventando mercati e centri di produzione artigianale, terra di rifugio e di libertà per i servi della gleba fuggiti dai vincoli feudali, luoghi di incontri e dibattiti culturali.

A partire dal secolo XI gli interessi culturali si estendono coinvolgendo, oltre gli ecclesiastici, anche i laici, ovviamente quelli istruiti, appartenenti ai ceti dominanti. Popoli e paesi, pur lontani e diversi fra loro, nel ricordo del comune passato romano, desiderano creare una società i cui valori e le cui strutture siano comuni a tutti. I Germani definirono la comunità spirituale delle genti europee Romània e chiamarono romanza la nuova civiltà da esse elaborata. Sempre all’eredità romana si richiamano le due istituzioni che si pongono come strutture universalistiche capaci di dare una coscienza unitaria al mondo europeo. Sono la Chiesa di Roma, con la sua vocazione ecumenica, e l’Impero (Sacro Romano Impero discendente da Carlo Magno), come vertice della struttura politica della società medievale. Entrambi sono sentiti come patrimonio comune dell’Europa medievale e contribuiscono a far sentire l’Europa come patria comune (anche se poi presto si verificheranno fratture molto profonde).

D

Se da un lato c’è una tensione diffusa verso uno spirito comunitario, dall’altro si sviluppa una forma di particolarismo/individualismo che, secondo certi storici, trae origine dal pensiero germanico.

L’Alto Medio Evo fu caratterizzato dal Feudalesimo, sicuramente struttura di tipo frammentario; il Basso Medio Evo vide la nascita dei Comuni, anch’essi improntati ad una consapevolezza regionalistica e municipalistica. Nel campo ampio della cultura e soprattutto nelle Lettere, il latino è uno strumento linguistico comune – finché dura – , così come l’ideologia cristiana e la filosofia; ogni regione, però, produce una letteratura con caratteristiche diverse, dovute a particolari circostanze della vita politica e sociale.

Gli elementi comuni, dunque, sono:

  • La concezione trascendente della vita, cioè il considerare la vita terrena un momento di doloroso passaggio verso la vita eterna, per cui tutto è visto in funzione dell’aldilà e della salvezza dell’anima.
  • La teoria politica secondo la quale lo Stato ha ragione di esistere solo come mezzo che permette in terra una migliore realizzazione della volontà divina. Lo Stato guida l’uomo, la cui natura è debole e corrotta, verso il vero bene. Lo Stato è quasi uno strumento della Provvidenza divina, quindi la Chiesa affermerà con forza la supremazia del potere spirituale sul potere temporale e finirà per scontrarsi con l’autorità imperiale e con Comuni e Signorie che stanno nascendo. Allo stesso tempo, per mantenersi al passo coi tempi, la Chiesa si politicizzerà, si mondanizzerà e causerà la nascita dei movimenti eretici e la protesta dei cristiani tradizionalisti, come Dante, ad esempio.
  • La concezione della storia che è quella teorizzata da Sant’Agostino: storia retta universalmente ed eternamente da un unico fine, Dio. Ogni uomo è strumento della Provvidenza; ogni fatto è manifestazione della volontà divina; ogni fase storica è solo la fase di un processo, ad esempio la storia di Roma è intesa come preparazione alla redenzione.

Lungo tutto l’arco dell’età medioevale continua ufficialmente l’uso del latino: si tratta di un latino illustre usato secondo le regole della Retorica in opere letterarie, atti pubblici, relazioni ufficiali, epistolari da chierici, notai, cancellieri; e di un latino parlato, in forma via via diversa da una regione all’altra e da un’epoca all’altra.

Questo latino parlato andrà modificandosi e trasformandosi: per l’influenza di altre lingue, per dire cavallo non si userà più la parola latina equus (da cui tuttavia derivano equino, equestre, ecc.) ma caballus (da cui cavallo, cavallerizzo, cavaliere, ecc.).Il latino scritto, invece, rimane sostanzialmente uguale a se stesso negli elementi morfologici, sintattici e lessicali dal VI al XIV secolo. Non è più il latino dell’età classica, risente meno dell’influenza dei grandi autori, adotta qualche nuovo costrutto sintattico e qualche termine diffuso nel parlato; è meno elegante della lingua del passato, ma rimane vivo perché è insegnato nelle scuole e costituisce un formidabile mezzo di comunicazione fra gli uomini dotti delle varie regioni.

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