Chi non ricorda la canzone “Certe notti” di Luciano Ligabue che è stata un grande successo della metà degli anni ‘90? Lanciata alla fine di agosto del 1995, quella ballata rock che ancora si ascolta e si canta, raccontava le notti dei giovani di quel tempo.
Parlava del bisogno di fare “cagnara” insieme agli altri e della voglia di provare le emozioni che di giorno non ci sono. Quello che conta, diceva Ligabue, “è sentire che vai”. Sosteneva che certe notti allora bisogna restare svegli altrimenti non “ci si sveglia mai”, e che si può “restare soli” con se stessi perché quelle notti servono per crescere e cambiare.
Ora tutto è diverso e le notti di Ligabue forse non esistono più. I teenager di oggi non sono mai soli perché stanno sempre in rete, iperconnessi. Caso mai sono isolati e non solamente a causa del distanziamento sociale imposto dalla pandemia. Già prima dei lockdown c’era una solitudine nuova, fatta di paura del mondo e di ritiro. Era, ed è, isolamento per protezione, “auto-prigionia” sorta di reclusione nella propria stanza e ritiro dal mondo delle relazioni.
Di certo prevale il vuoto dei rapporti sociali che attraversa la generazione dei “coronials”, gli adolescenti di oggi, e che incrementa l’utilizzo dei dispositivi che consentono rapporti a distanza e frequentazioni virtuali. Non si esce più realmente di casa, il che tranquillizza i genitori. Non si sta svegli “certe notti” ma abitualmente. E gli adulti non si accorgono.
Si chiama vamping il modo nuovo di conoscere la realtà. È ugualmente necessità di adrenalina pura da mettere in circolo ma senza correre l’avventura della vita “a fari spenti nella notte”.
Il vamping è fare i vampiri, cioè nottetempo assalire prede per puro piacere. Lo fanno in molti, anzi troppi, e sono preadolescenti ma anche bambini che passano le notti a navigare da sotto le lenzuola.
Si divertono, dicono, quei “pollicini” insonni che in maniera indisturbata messaggiano con gli “amici” virtuali mentre i loro genitori li pensano tra le braccia di Morfeo.
Ne ho incontrati anch’io diversi e sempre più piccoli, alla primaria, che “giocano” a prendere in giro e offendere, insultare e minacciare chiunque. In realtà non è altro che cyberbullismo, cioè fare prodezze per mettesi in mostra, colpire per mostrarsi in quella rete che offre like e ricompense immediate, nel web senza confini né limiti e dove tutto sembra consentito.
Su un campione di 8 mila ragazzi che l’Osservatorio Nazionale Adolescenza ha intervistato, 6 su 10 sono quelli che hanno detto di restare svegli quasi tutte le notti. Un fenomeno, dunque, preoccupante che in famiglia si dovrebbe contenere con un maggiore controllo e con l’esempio. Perché altre ricerche dicono che l’uso notturno dei dispositivi digitali è praticato dal 75% degli adulti.
In ogni caso il vamping tra i minori fa aumentare il rischio di cadere nelle trappole di adescatori e pedofili e aumenta il pericolo di esprimere violenza gratuita. Non favorisce la crescita sociale ma sottolinea le reali difficoltà sul piano della socializzazione dei minori.
Soprattutto il vamping può essere il segnale di un’iniziale dipendenza dalla rete e il tratto visibile del cyberbullo, incapace di rispetto e empatia. Un fenomeno da contenere con una precoce educazione digitale e, durante la crescita, con uno spazio da coltivare per reali rapporti sociali.