Alicudi. Dimensione libertà
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Ci sono dei luoghi che, a nostra insaputa, ci hanno già scelto prima che noi li scegliessimo. Per chi crede, sulle orme del buon Pitagora, nella Reincarnazione, forse sono luoghi dove abbiamo già vissuto e felicemente. Per chi segue altre fedi o nessuna, sono luoghi dell’incontro con la divinità o semplicemente luoghi che ci calzano addosso come morbidi mocassini. Alicudi è per me uno di questi luoghi.

L’isola è la meno frequentata e conosciuta delle sette perle che formano le Eolie. Ci si arriva per nave, che d’estate attracca ogni giorno, e nei mesi invernali, due volte alla settimana. Un eliporto garantisce l’immediatezza di collegamenti con la Sicilia in casi di necessità La viabilità è: una stradina semi-asfaltata dove possono veicolare per circa due chilometri, i furgoni-merci che arrivano con la nave; mulattiere, sentieri che s’inerpicano per i costoni del vulcano spento che costituisce l’isola. Un vulcano (2700 m) che esiste da circa 90.000 anni. Il versante occidentale, quello opposto al piccolo molo dove si sbarca, è addirittura inaccessibile, tagliato com’è da canaloni e antiche colate laviche.

Pochissimi abitanti, circa 70 persone, due negozietti per gli alimentari, la posta. Due alberghi, un residence, case private dove si può alloggiare, due bar. Non è molto, ma fra la pace e il contatto con la natura, il viaggiatore che s’incammina fra i suoi tratturi, gode delle cure per l’anima e il corpo che l’isola offre, e questo che valore ha?

 Il paesaggio aspro e affascinante, intatto, è un paradiso inaspettato in questo nostro movimentatissimo Mediterraneo, un Eden dove si coabita col sole, col vento, con la risacca, con sè stessi. Al calare della sera è indispensabile fornirsi di lampade elettriche in quanto i sentieri non sono illuminati. Eppure in questa piccola terra gettata nel mare il turismo non manca.Un turismo attento alla natura e alla riscoperta di quei valori essenziali che la nostra stressata civiltà ha spostato dietro le quinte.

Qui è la vacanza di chi ama arrampicarsi e ammirare dall’alto un paesaggio ineguagliabile. Di chi vive un tramonto come uno spettacolo ogni volta unico. Di chi vede una barca che esce per la pesca nella luce dell’alba come un dipinto di cui nessun pittore riuscirà a carpire il fascino misterioso.  Le antiche bellissime case eoliane si stagliano immote, come partorite dalla roccia su cui poggiano, ma non mancano costruzioni più recenti, intonate con la natura che le ospita.

Il volo degli uccelli ci accompagna nel nostro oziare o vagabondare. Il cibo ha il gusto del sole, del mare, della natura. La giornata qui comincia con una passeggiata sul molo dove i pescatori espongono il pescato della notte. Comprato il pesce freschissimo, al baretto si sorseggia un caffè, poi ci si avvia alla spiaggetta per un bagno o ci s’incammina per una escursione ammirando e cogliendo capperi, menta, erica, il fiore viola cui l’isola doveva il suo antico nome Ericusa. Ci si inoltra per i sentieri che portano alla chiesa e poi si diramano verso i sei piccoli insediamenti che costituiscono, oltre al centro, l’abitato dell’isola.

Per chi ha gambe e voglia si può salire fino alla cima del cono vulcanico, e la vista da lassù ricompensa della fatica. Poi a casa, la sera, si cucina il pesce, un buon bicchiere di vino, chiacchiere al profumo di mare, i colori emozionanti del sole calante. 

Ci sentiamo in un’altra epoca, forse lo siamo già. I ritmi quotidiani sono ammaliati dal sole e dalla salsedine. E con questo “poco” ognuno si immerge in una immensa libertà.

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