La Mitologia va di moda. Sono stati pubblicati tanti testi che riprendono le antiche vicende di divinità, di donne e uomini che forse vissero, combatterono, uccisero, amarono…Omero e altri autori classici li hanno esaltati o condannati, ne hanno raccontato gesta e capricci, amori e tradimenti. Chi ha studiato da giovane il mondo classico, non può non ricordare eroi ed eroine della guerra di Troia, il lungo viaggio di Ulisse, la paziente e furba attesa di Penelope, i protagonisti delle grandi tragedie come Edipo e Oreste, le figure femminili forti come Antigone e così via. Ci sono anche le commedie, nella cultura classica, quelle storie a lieto fine che presentano ancora oggi caratteri di attualità, come Lisistrata, ad esempio, capace di far coalizzare le donne, anche le ateniesi e le spartane – tradizionalmente nemiche – contro i mariti troppo occupati a guerreggiare.
La commedia si è trasferita poi nel mondo latino e Plauto e Terenzio, prendendo spunto da Aristofane, ne hanno scritto un buon numero.
Ma gli autori e le autrici contemporanei/e alle commedie preferiscono i poemi omerici e le tragedie, perciò in questi anni tanti autori si sono dedicati a Ulisse (a cominciare da Joyce, per citare il più famoso!), ad Achille, ad Agamennone, ad Elena, a Cassandra, ad Arianna, ad Elettra, a Clitemnestra, a Didone : mi chiedo se ciò sia dovuto all’idea che il dramma valga più della commedia. In realtà personaggi come questi invitano all’analisi psicologica, stimolano riflessioni, suscitano orrore o tenerezza…o sbalordimento, dal momento che, se si tratta di donne, in genere ci rivelano delle sorprese. Nel mondo classico, infatti, esse erano considerate merce di scambio, si poteva sacrificare una figlia per vincere una guerra o far sposare una ragazza con un uomo vecchio solo per motivi di interesse o dinastici.
Nei saggi e nei romanzi che ho letto, invece, le donne sono protagoniste, hanno una loro autonomia, e se pur accomunate dall’arte della tessitura, sanno rivestire con autorevolezza il loro ruolo di figlia, moglie e madre, sanno gestire il rapporto con il sesso, con la religione e con il potere…sanno odiare, uccidere e far uccidere.
Sia in Grecia che a Roma, alcune fanciulle venivano chiamate al compito di sacerdotesse, come la Pizia, sacerdotessa di Apollo a Delfi, o Cassandra, figlia di Priamo, a cui Artemisia comunicò:<<Sei stata destinata alla preveggenza, principessa Cassandra, hai davanti a te una vita di solitudine e di incomprensione. Sarai sola quando riceverai i presagi, sarai sola quando racconterai ciò che hai sentito,…quando verrai additata come portatrice di sventura>> ( da Cassandra di Cinzia Giorgio). Questa Cassandra sa che <<nessuno può sfuggire al destino, nemmeno gli dèi>>, ma la drammaticità della sua storia è in qualche modo consolata dai suoi amori, anche quando uno era il marito di sua sorella Creusa, Enea, l’altro era Agamennone, il feroce nemico dei troiani, la terza Elena, portata a Troia da Paride, causa della guerra e della sconfitta.
Tutto ciò emerge chiaramente leggendo il piccolo testo di Eleonora Pischedda, I Greci, i Romani e…le donne: compito delle donne, una volta partorito un figlio, non è soltanto quello di curarne l’alimentazione e la crescita, o di sorvegliare chi se ne deve occupare, ma anche di <<plasmarne il carattere…creare le basi per la formazione di un buon cittadino, coraggioso e assennato>>, come toccò a Cornelia, che <<si fece carico dei figli e del patrimonio … questi figli furono cresciuti con tale scrupolosa cura che, sebbene non si ammettesse che nessun altro romano possedesse migliori doti naturali, si credeva che dovessero le loro virtù più all’educazione che alla natura>>, come dice Plutarco.
Un’altra Cassandra è raccontata da Jennifer Saint, in Elettra: anche qui la principessa troiana ha <<ricevuto il dono della profezia: mi era stato soffiato tra le labbra da Apollo in persona. Ma nessuno avrebbe mai più creduto a una mia singola parola>>.
Questa profetessa arriva a Micene al seguito di Agamennone, rimane sola dopo la morte del suo re, ucciso dalla moglie Clitemnestra che vendica così il sacrificio di Ifigenia.
Cassandra ritrova Elena, riunitasi a Menelao, la osserva mentre <<la brezza le faceva ondeggiare il vestito…avanzava in modo così leggiadro da sembrare una nuvola>>.
C’è solidarietà fra le donne, Clitemnestra ad esempio guardando Cassandra non osa <<immaginare il terribile orrore che ha alle spalle, la profonda sofferenza che vede profilarsi nella magnificenza del nostro palazzo. Non voglio pensare agli oltraggi che ha subito, al dolore che mio marito le ha inflitto, all’umiliazione che prova nell’essere esposta davanti a me e a tutti coloro che stanno a guardare>>, ma c’è anche l’odio profondo di Clitemnestra per Agamennone, di Elettra per sua madre Clitemnestra che l’ha <<chiusa a chiave. La più umile schiava del mondo ha ciò che io non posso avere, e mia madre mi ha rinchiusa come un animale, come se non valessi niente. La collera mi consuma: provo rabbia verso mia madre, rabbia verso la donna troiana, rabbia verso chiunque si trovi tra me e mio padre>>.
Guerre, sangue, morti…perché amiamo la mitologia? Forse perché è un mondo in cui i sentimenti sono esasperati, gli affetti calpestati, gli amori vissuti con libertà, o forse perché alcuni sentimenti che provano i nostri eroi e le nostre eroine sono gli stessi che proviamo anche noi, la gelosia, l’amore materno – quello di Andromaca per il suo piccolo Astianatte o di Clitemnestra per Ifigenia sacrificata, – il senso di protezione verso chi vediamo debole, l’orgoglio nel presentare i nostri figli come gioielli…O forse la mitologia ci permette di reinterpretare le storie, di dare un carattere diverso ai protagonisti, di far fare loro le scelte che vorremmo fare noi.
Dei tre libri citati, sottolineo l’impostazione letteraria rigorosa di Pischedda, che riporta brani di grandi autori, da Senofonte a Livio a Tacito: le donne citate sono tante, madri, prostitute e concubine, donne d’azione, istruite, lavoratrici, potenti eccetera eccetera…spesso sconosciute ai più, come Crisilla, di cui Senofonte racconta la storia, o la moglie di Eufileto, che conosciamo attraverso Lisia.
La Cassandra di Cinzia Giorgio è una bimba tenera, una giovinetta affettuosa con sorelle e fratelli, una sacerdotessa tormentata dagli amori fluidi: il libro si legge volentieri, anche se risulta talvolta appesantito dalle tante citazioni di vocaboli greci e spesso molto lontano dalla tradizione ufficiale.
Decisamente scorrevole, l’Elettra di Jennifer Saint: parlano in prima persona, alternandosi di capitolo in capitolo, Elettra, Clitemnestra (nel testo è Clitennestra) e Cassandra: come nel libro di Giorgio, anche in questo non si cerca tanto la ricerca filologica, quanto una storia leggendaria, romanzata a cura dell’autrice. Sia Elettra che Clitemnestra e Cassandra rispondono ai canoni tradizionali: la prima aspetta con ansia il padre e lo vede morire per mano della madre che odierà in maniera viscerale, tanto da costringere il fratello, il titubante Oreste, ad ucciderla. Clitemnestra è la madre privata crudelmente di una figlia: per anni ha covato l’odio contro il marito, lo ha tradito, infine lo ha massacrato. Solo più tardi si rende conto di non essere stata una buona madre né per Elettra, né per Oreste. Cassandra è la principessa troiana capace di prevedere il futuro, ma condannata a non essere creduta. Saint ce la presenta esattamente come chi ha studiato la letteratura greca si aspetta: una giovane donna condotta a Micene, schiava dell’acerrimo nemico della sua gente, Agamennone.
Donne, tante donne sono protagoniste di questi libri: è forse una sorta di rivincita, dato che per secoli le donne sono state ignorate o considerate, nel migliore dei casi, delle comparse.
Per una rivista che si chiama Iovivobene, queste storie drammatiche potrebbero sembrare molto lontane dall’idea di benessere…eppure leggendo “di quante lagrime grondi” la vita di ciascuna, si solleva il capo dai libri con la consapevolezza che – nonostante tutto – ce la possiamo fare!