Nelle ultime settimane in alcune città è emersa di nuovo l’angoscia per azioni di adescamento nei pressi delle scuole e di molestie sessuali reali sui ragazzini. È scattato l’allarme così docenti e genitori hanno sentito la necessità urgente di dire ai minori di non accettare nulla da sconosciuti e nemmeno restare in silenzio se un operatore (come nel caso del sanitario di Brescia) li molesta.
Va spiegato cosa sono l’adescamento e la molestia ma dovrebbe essere una pratica costante e non un comportamento di emergenza perché i minori hanno necessità di riconoscere i pericoli e avere strumenti di autoprotezione. Devono individuare le fake, le persone inaffidabili, e sviluppare consapevolezza su chi adesca e sui comportamenti che adotta.
Troppe volte ho sentito dai bambini della primaria che il pedofilo è un “mostro” che uccide. Ed è pericolosa questa visione perché non fa cogliere la realtà delle cose, cioè l’imbroglio del pedofilo adescatore e la maschera che usa per le sue avances sessuali.
Oggi la pedofilia si muove più in internet e cattura lì le sue prede ma è ancora attiva nella realtà quotidiana. La metodica però rimane la stessa anche se online viene chiamata “grooming” che in inglese vuol dire “strigliare il cavallo” oppure “carezzare e curare”. All’inizio non è una pratica violenta, ma è camuffata di attenzione per costruire una relazione di fiducia, così come accade tra l’uomo e il cavallo.
I bambini fin da piccoli devono sapere queste cose e soprattutto essere educati a riconoscere il pedofilo che non ha intenzioni omicida, ma vuole un rapporto sessuale. Dobbiamo essere chiari nel dire che chi adesca o molesta seduce e imbroglia fingendo un rapporto positivo e di affetto.
Tutti devono sapere come poter reagire di fronte ai segnali preoccupanti nel quotidiano e ancora di più in rete. Doveroso è informarli su come inizia la cosiddetta fase di avvicinamento che è un tempo lungo ma necessario per instaurare un clima amichevole che cattura e per neutralizzare la diffidenza dello sconosciuto.
Segue la fase dell’isolamento che l’adescatore utilizza per tenere la sua vittima lontano dagli occhi indiscreti, farle terra bruciata attorno e agire indisturbato. È un isolamento psicologico con cui si intima al minore di non dire niente a nessuno di quella loro “particolare amicizia”. Così questi tace per un tempo indefinito, subisce velate minacce e si vergogna di se stesso.
È nella terza fase che avviene il vero abuso. Dalla relazione in rete si passa all’incontro reale o se il contatto fisico è già esistente, può diventare violenza sessuale! E pure questo va detto a chiare lettere anche ai piccoli, perché le vittime possano non finire in trappola e chiedere aiuto.
Allora li proteggiamo davvero se noi grandi andiamo oltre l’emergenza, se li educhiamo a prestare attenzione agli sconosciuti, ma anche a chi si conosce e si mostra “particolarmente gentile”. Li salviamo se osserviamo il loro comportamento che di solito cambia vistosamente quando sono preoccupati e se li ascoltiamo realmente come adulti affidabili a cui loro possono confessare dubbi e sensazioni senza paura e vergogna.
Smettiamola, cari adulti, di aspettarci che sia l’aumento delle pattuglie davanti alle scuole a salvare i nostri figli o che la “cavalleria” postale ce li protegga in rete!