AZURRI PENSIERI
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Riceviamo e con piacere pubblichiamo le riflessioni di Ivana Scarpetta

Se dovessimo fare un briefing (riunione) per un summit (vertice) sulla perdita del proverbiale aplomb (disinvoltura) britannico, emergerebbe una penosa perdita di self control (autocontrollo) e fair play (correttezza) da parte di chi ha preferito la Brexit (neologismo) e fare parte a sè, dimenticando la rustica progenie e a chi deve la fortuna di essere stato civilizzato (povero imperatore Claudio…tempo sprecato). Il tutto amplificato dai risolini scozzesi. Intanto, nelle nostre conversazioni quotidiane sarebbe opportuno utilizzare come merita il dolce idioma che ci appartiene, evitando anglicismi così frequenti che fanno figo, certo, ma che spesso riempiono solo la bocca di chi vuole ostentare la propria conoscenza delle lingue (livello A meno meno 1, se va bene).

British?

E poi…cari “barbaroi”…l’inno è sacro, è sinonimo di Patria e come tale va rispettato, e fare “buuu” mentre in quel di Wembley risuonano le note che inevitabilmente fanno accapponare la pelle e inducono alla commozione non è carino, anzi, è proprio da bulli. Vogliamo parlare delle medaglie d’argento levate in un nanosecondo? Mancava solo pestare i piedi a terra come fa ogni bimbo capriccioso che si rispetti. E anche la sparizione della neo Royal family, eclissatasi in un battibaleno, la dice lunga sulla capacità tutta “british” di saper perdere. Ecco, dovevo sputare il rospo, che non è certo un principe sotto mentite spoglie. Ma veniamo a noi. Sarebbe bello sentirsi parte di una Nazione sempre e in ben altre occasioni…ma 22 muscolose gambe – dotate di possenti tricipiti con annessi e connessi – che corrono dietro un pallone e proteggono la porta trainano più di qualsiasi altra situazione. E allora, ecco riemergere dai cassetti i lucidi tricolori che vedi sventolare sui balconi, e spuntare come funghi innumerevoli maxi schermi per condividere 90 – se va bene – minuti di passione. È un segnale di rinascita, certo…ma il “covidde” serpeggia ancora e per molti vale l’assunto “ut venit, sic narratur”…vale a dire…”comu veni si cunta”, alla faccia di assembramenti/festeggiamenti/ baci/abbracci/frizzi e lazzi. Ma questo è.

Io e il calcio

Non credo di essere l’unica che segue con l’ accanimento che meritano solo gli appuntamenti internazionali/mondiali che schierano in campo quei marcantoni (in verità, qualcuno non spicca per altezza!) che così bene ci rappresentano. Altri tempi e diverso assetto metabolico-ormonale, si riavvolge il nastro dei ricordi: come dimenticare i riccioli del “Bell’Antonio” (Cabrini), il sorriso di Tardelli, la simpatia del caro Pablito, il muso duro del toscanaccio Antognoni, e poi Causio… sosia della mia dolce metà, quando entrambi erano ancora capelluti e baffuti (sigh). E se proprio vogliamo fare un salto nel giurassico, confesso il mio folle innamoramento per Gigi Riva, i cui poster campeggiavano nella mia stanza, come le sue figurine nel diario segreto (oggetto ormai da antiquariato) contornate da cuori e frecce stile faretra di Cupido. Ebbene sì, sono abbondantemente “stagionata”, come un buon crudo si Parma, a cui si ispirano anche “porzioni” del mio fisico.

Ma dicevo …quando suona il fischietto inaugurale dopo l’inno che inevitabilmente fa scendere la lacrimuccia furtiva, cominciano i miei 90 minuti di passione conditi da ululati di apprezzamento o meno durante gli affondi dell’una o dell’altra parte. Inevitabili gli appunti al vetriolo rivolti all’arbitro, sempre STR-aordinario quando si tratta di bloccare sul nascere le azioni dei nostri beniamini. E la scaramanzia…dove la mettiamo? In caso di vittorie inanellate una dopo l’altra che conducono a una finalissima, è da protocollo ripetere sempre le stesse azioni, e così è stato anche ieri. Da copione si va ai supplementari, e così come per la semifinale, cambio postazione: dal balcone mi colloco in camera da letto, mi adagio sul talamo, e guardo con la coda dell’occhio quei trenta minuti interminabili. Nulla di fatto… si rivà ai rigori. Calma e sangue freddo: cuscino davanti agli occhi come se vedessi il bambino con il palloncino di “It”, macumba attivata per i tiri avversari, benedizioni per Donnarumma che riesce a compiere il miracolo, urlo liberatorio con corredo di espressioni adeguate al contesto, irripetibili ma facilmente intuibili. È in queste circostanze che la vena catanese trova libero sfogo.

Notti magiche.

Tutti in strada, a piedi o in macchina in equilibri spesso instabili…bandiere, trombe, clacson, urla di gioia. Anche questa notte appena trascorsa resterà nella storia di un popolo di poeti, santi, eroi… e calciatori.

Ivana Scarpetta





Ivana Scarpetta é docente di Lettere e Latino
all’Istituto Superiore Statale “Michelangelo Bartolo” di Pachino

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