Cronache di Captagonia
Share :

“Captagon® s. m. inv. Nome commerciale di un farmaco a base di amfetaminici, impiegato per la terapia della narcolessia e dell’iperattività ma utilizzato anche in modo improprio come stupefacente per i suoi effetti anestetici ed euforizzanti. ◆  Il suo nome è Captagon, ma tutti ormai la conoscono come la pozione dell’orrore. È fiorita assieme alle Primavere Arabe e come un elisir di lunga rivoluzione ha contribuito all’ardore delle masse islamiste pronte a sacrificarsi sotto i colpi di poliziotti e militari dalla Tunisia all’Egitto, dalla Libia alla Siria. (Gian Micalessin, Giornale.it, 4 dicembre 2014, Mondo) • Il 29 giugno, Seifeddine Rezgui apre il fuoco sulla spiaggia di un albergo turistico a Sousse, in Tunisia. Uccide 38 persone e provoca una trentina di feriti, prima di essere ucciso da un poliziotto […] l’autopsia ha dimostrato che il giovane uomo era sotto gli effetti di una droga, “identica a quella che lo Stato Islamico dà alle persone che fanno attacchi terroristi”. Il gruppo terrorista produce e utilizza in effetti il Captagon per rendere i combattenti più operativi possibili al momento del combattimento (Aduc.it, 3 luglio 2015). Probabilmente composto a partire dalle forme greche káptō (‘divorare’) e agōnía (‘agitazione’). Di «compresse di Captagon […] per conservare la potenza sessuale del lussurioso sceicco» scrive nel 1997 lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa nel romanzo I quaderni di don Rigoberto (Los cuadernos de don Rigoberto), Einaudi (traduzione di Glauco Felici).”

Non molto tempo fa, i quotidiani (Corriere della Sera e Repubblica tra gli altri) ci hanno parlato ancora dell’uso militare (c’è anche, purtroppo, un uso “borghese”) delle pasticche con la doppia C. Sono usate dagli attentatori fondamentalisti e dai miliziani del sedicente Stato islamico contro Bashar Assad, il dittatore siriano “che dopo 12 anni è stato da poco riammesso al tavolo della Lega araba a condizione di combattere proprio il narcotraffico o almeno le esportazioni nella regione. Oggi, a capo della rete che con la droga della guerra fa affari d’oro, però, ci sono familiari e fedelissimi dello stesso Assad.”

Se però volete farvi un’idea della storia dei mezzi impiegati nel tempo (dagli Inca ad oggi) per mandare a combattere i soldati innalzando la soglia del dolore e della fatica, inibendo la paura, eliminando ogni sorta di compassione per i nemici e per i civili e anzi inducendo una sorta di euforia, vi consiglio l’articolo apparso su Focus (https://www.focus.it/cultura/storia/captagon-droghe-guerra-storia). Scoprirete che, per limitarci alle guerre del XX e XXI secolo, il cloridrato di fenetillina, un composto di anfetamina e altre sostanze stimolanti, è stato usato abbondantemente da gran parte degli eserciti impegnati in guerre sante di ogni genere.  Lasciando, al termine di ogni conflitto, un enorme numero di vittime anche tra i combattenti sopravvissuti, molti dei quali non sono riusciti a liberarsi dalle droghe assunte in guerra.

Per fare del male al prossimo senza problemi non c’è solo la chimica. La storia ci insegna che si possono fanatizzare i combattenti anche con le parole. Un lettore di questi miei Appunti mi ha segnalato alcune citazioni di frasi pronunciate da uomini che hanno lasciato una traccia nella nostra storia:

“La guerra è il gioco più grande della storia universale… l’ unico senso e scopo della nostra vita “. (W. Churchill)

“La guerra ha una funzione di purificazione degli uomini” (H. Hoover)

“La guerra è foriera di una rigenerazione dell’attuale vita sociale… è una fornace di fusione del popolo”. (B. Croce)

Aggiungo un contributo italiano di grande rilievo alla glorificazione della guerra, quello di Filippo Tommaso Marinetti (1876.1944). Il 20 febbraio 1909 apparve sul quotidiano francese Le Figaro il Manifesto futurista. Un lancio esplosivo, per quegli anni, dal punto di vista pubblicitario. 

Al Marinetti poco più che trentenne non si può negare il coraggio e una straordinaria energia che traspare nel suo messaggio anti-passatista, vibrante di furia iconoclasta abbattuta su tutto ciò che è statico e cimiteriale e ci distoglie da un futuro di nuova bellezza.  Chiudere con il passato e vivere un vita splendente per velocità, corsa, movimento aggressivo, cambiamento continuo, volontà impetuosa, ricerca del rischio che non teme la morte ma la corteggia.   Il Futurismo attecchì non solo in Italia ma in molte parti del mondo attirando tanti giovani e numerosi artisti e letterati molti dei quali ci hanno lasciato opere di grande valore realizzate sotto l’influenza del movimento di Marinetti.

Non c’è da meravigliarsi, leggendo il   Manifesto futurista, se, viste le premesse, ci imbattiamo in questo peana per la guerra: “Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna”. [Il “disprezzo della donna” legato all’elogio della guerra merita una riflessione a parte che prometto di affrontare nel mio prossimo “Appunti”].

Il movimento futurista ebbe un grande peso nella decisione italiana di entrare nella cosiddetta Grande Guerra (1915-1918). Subito dopo il movimento ebbe sempre minore importanza ma è mia opinione che il messaggio di Marinetti, la forza fanatizzante delle sue parole e della sua azione, sia ancora, più o meno consapevolmente, viva, a distanza di oltre un secolo, in parte della cultura e della politica italiana. Basta prestare attenzione a quel leggiamo, ascoltiamo o pensiamo nelle numerose occasioni in cui una guerra è l’argomento in discussione.     Nihil sub sole novum.

Share :