Dante Alighieri e la celebrazione dell’amicizia
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Il 25 marzo dell’anno 1300, giorno in cui la Chiesa celebra l’Annunciazione, Dante immaginò di iniziare il suo viaggio ultraterreno, che lo avrebbe fatto precipitare nel baratro del male per poi vederlo risalire, con qualche fatica, lungo la via dell’espiazione, fino alla conquista  della salvezza dell’anima. Dante morì nel 1321, dunque quest’anno si ricordano i 700 anni dalla morte. 

Già un anno fa, quando non si pensava alla pandemia, il Ministro Franceschini propose al Consiglio dei Ministri di dedicare nel 2021 una giornata a Dante. Aderirono subito numerosi Enti e Istituzioni, dall’Accademia della Crusca alla Società Sante Alighieri, dal MIUR ai più importanti Musei nazionali, dai parchi archeologici alle biblioteche. Furono subito immaginati eventi, mostre, recital…ma il covid-19 ha pensato bene di azzerare quasi tutto, tanto che, per non rimanere isolati, oggi ci dedichiamo a lunghi pomeriggi davanti al computer, per seguire conferenze, per “visitare” luoghi, per ascoltare critici, studiosi, storici…e chi più ne ha, più ne metta.

Per un magazine che si intitola “Io vivo bene” parlare di Dante può essere interessante, non soltanto perché  la lettura della Commedia  ci aiuta a comprendere la lingua italiana e ci suggerisce come salvarci l’anima, ma anche perché racconta le storie di uomini e donne (poche, in verità), le loro passioni, gli errori, gli atti di eroismo, spiegando anche le cause della dannazione eterna o dell’ascesa in Paradiso. Insieme ai sentimenti forti come l’amore e l’odio, Dante celebra l’amicizia, il sentimento più rappresentativo della dimensione umana, tema che ricorre spesso nel Purgatorio, dove alle tinte forti del fuoco o della luce abbagliante si sostituiscono i toni pastello, lievi e trasparenti. E noi uomini e donne del XXI secolo sappiamo quanto sia importante l’amicizia, quando nei momenti dolorosi abbiamo un amico a cui rivelare la nostra pena, certi di essere capiti e accettati.

Fin dal II canto, Dante, incontrando Casella, cantante e musicista che ha trasformato la canzone filosofica dantesca “Amor che nella mente mi ragiona” in un brano gradevole eseguito sulla spiaggia del Purgatorio, vuole mostrare tutto l’affetto che prova per lui, tentando per ben tre volte – inutilmente – di abbracciarlo, spinto da un sentimento autentico e vissuto.

Pochi canti più in là, ( nel VI ) altri protagonisti, altri tentativi di abbracci, un’altra amicizia, non vissuta realmente, ma motivata dalla comune origine: è quella spontanea e sincera che nasce tra Sordello da Goito e Virgilio, entrambi mantovani, la cui “amicizia” è frutto della condivisione di ideali e principi. Dante vuole dirci che nell’aldilà l’amicizia tra due conterranei non riconosce limiti di tempo, pur essendo essi vissuti a più di mille anni di distanza.

Nel canto VIII, un’amicizia doppia, tra Dante e Nino Visconti la prima, tra Nino Visconti e Corrado Malaspina la seconda. Queste anime si trovano nella valletta fiorita dell’antipurgatorio, dove incontriamo i principi negligenti. Dante e Nino Visconti furono impegnati insieme nell’assedio al Castello di Caprona, nel 1289; il loro rapporto di amicizia si consolidò quando Nino diventò capo della Lega guelfa di Toscana. Gioiscono nell’incontrarsi in Purgatorio, e subito Nino rivela a Dante il suo dolore perché la moglie lo ha dimenticato. Dante condivide la disistima nei confronti delle femmine che non sono tenaci negli affetti e comprende la sofferenza dell’amico, il quale, a sua volta, è amico di Corrado Malaspina, signore di Villafranca, la cui famiglia ospiterà Dante durante l’esilio. E, per una sorta di proprietà transitiva, Dante si sentirà amico anche di Corrado.

Bisogna attraversare gran parte del Purgatorio per trovare un altro amico di Dante, compagno anche di bagordi, a cui il poeta si rivolge proprio con le espressioni informali e amichevoli che testimoniano un rapporto antico: è Forese Donati (canto XXIII), cittadino fiorentino, cugino di Gemma, moglie di Dante. In Purgatorio si trova nella cornice dei golosi, per scontare il peccato commesso durante la vita terrena: Dante gli si rivolge chiamandolo “dolce frate” e chiedendogli “Quando fia ch’io ti rivegga?”. Da veri amici, vogliono sapere tutto l’uno dell’altro e si augurano di rivedersi.

Questo tema, sviluppato a più livelli, ci fa conoscere Dante nelle sue vesti quotidiane e ci fa scoprire, aldilà del genio creativo, un uomo bisognoso di conforto e di serenità, grandi doni che solo gli amici veri possono offrire per alleviare la durezza del vivere. Per completezza, non posso tacere di un grande amico di Dante di cui si parla nell’Inferno, nel X canto, quello degli eretici: è Guido Cavalcanti (a cui Dante aveva anche dedicato il sonetto “Guido, i’ vorrei che tu e…” ), anche lui raffinato poeta, che incoraggiava Dante perché ne aveva capito il genio. Cavalcante Cavalcanti, anziano e apprensivo padre di Guido, vedendo Dante da solo e conoscendo bene l’amicizia che lo legava a suo figlio, si meraviglia che non siano insieme. Dante motiva l’assenza di Guido ricordando che era ateo e scettico circa l’immortalità dell’anima, e a noi lettori fa capire quanto gli sia caro questo amico, ma anche quanto tema il suo destino ultraterreno. 

Erano grandi amici, ma proprio perché amici veri, non tentavano di convincersi a vicenda e ciascuno rispettava il pensiero e il credo dell’altro.Sulle orme di Dante e seguendo magari il suo esempio, possiamo confermare che “chi trova un amico, trova un tesoro” e sperare che grazie all’amicizia ognuno di noi possa dire “Io vivo bene”.

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