“Dopo il traguardo”: il libro verità di Alex Schwazer
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La storia dell’uomo e dell’atleta presentata per la prima volta in Regione

Cosa succede dopo il traguardo? In linea di massima lo sappiamo tutti, perché tutti nel corso della vita hanno raggiunto un traguardo, piccolo o grande che sia. Dunque che succede? Quanto meno che ci riempiamo di una grande gioia e di tanta soddisfazione per il risultato ottenuto dopo tante fatiche: nessun traguardo, infatti, è regalato.

Il difficile, però, viene dopo il traguardo, dopo che la gioia è svanita, perché molto spesso è proprio in quel periodo che iniziano a venire a galla paure assopite, fantasmi del passato che ci fanno dubitare di poter proseguire con il medesimo ritmo e con le medesime possibilità anche verso i futuri traguardi. Questa reazione è normale e capita a tutti, sia in campo scolastico, che lavorativo, che sportivo. Non a tutti, invece, succede di farne una fobia, un’ossessione, addirittura una malattia. E’ quanto Alex Schwazer racconta nel suo libro “Dopo il traguardo” edito in questi giorni da Feltrinelli e presentato in Regione per la prima volta (terza tappa in Italia), a Rovereto, il 2 dicembre scorso. E’ un libro scritto con il cuore di un uomo più che per le gambe di un atleta. Un racconto che, come si sarà già capito, è il paradigma della vita, quella dei sacrifici, delle soddisfazioni, quella dei drammi, delle morti e delle rinascite.

Alex Schwazer

Inizia, il libro, con un ritmo incalzante e percorre tutte le tappe di un giovane atleta che sin dall’età di 12 anni affronta il mondo agonistico per il puro piacere di stare bene, di avere uno scopo, di impegnarsi per qualcosa di unicamente suo. Solo che lo fa probabilmente con troppo trasporto, con una passione assoluta che nel frattempo nega al corpo e all’anima di occuparsi anche di altro. Continua, poi, raccontando di quanti sport il giovane Alex si invaghisce e di come, a causa degli insuccessi, subito dopo li abbandoni alla ricerca di ciò che sarà il suo destino sportivo, quello della marcia. Fino a raggiungere venerdì 2 agosto del 2008, a Pechino, dopo un massacrante allenamento di anni, il doppio traguardo di atleta più giovane nella storia delle Olimpiadi a vincere l’oro nella 50 km di marcia: uno straordinario successo che segnerà nel bene e nel male la sua incredibile carriera sportiva.

Con il 2008 arriva così il peso del successo e con esso il desiderio, anzi la necessità di cimentarsi in ulteriori traguardi. Se non che un giorno Alex incrocia sulla sua strada alcuni campioni russi che gli confermano ciò che lui sapeva già: fra le file degli atleti dell’Est gira indisturbato il doping, ovvero l’uso sistematico di sostanze aventi lo scopo di aumentare artificialmente il rendimento fisico e le prestazioni dell’atleta. E’ un brutto incontro.

Il periodo psicologicamente difficile, la relazione con Carolina Kostner che arranca, gli scarsi risultati, ma soprattutto l’evidente disparità di prestazioni nei confronti dei russi, (prima di lui da sempre monopolisti nella marcia), fanno il resto. Alex precipita nella depressione e si lascia lusingare per la prima volta dal doping dopo essersi procurato in Turchia, con un viaggio della disperazione, i medicinali di cui aveva sentito parlare. Purtroppo, poco dopo, pagherà cara questa sua debolezza con una squalifica a quattro anni e con la messa al bando di un atleta che fino a quel momento era stato esaltato, cercato e osannato da giornali e televisioni di mezzo mondo. Le ricostruzioni fantasiose quanto distruttive dei mass-media si sprecano: ora è diventato l’ipocrita, il bugiardo, il vigliacco e il drogato. A volte anche questo è il prezzo crudele degli sbagli che si pagano sull’altare del successo.

Il seguito è nelle pagine del libro. Dopo un periodo difficilissimo, Alex riprende a marciare, stavolta con un allenatore particolare, Sandro Donati, il più rigoroso paladino della lotta al doping del mondo dell’atletica. E’ Alex stesso a cercarlo e Sandro accetta la sfida solo dopo aver posto chiari requisiti nel rapporto allenatore-atleta. Inizia allora un felice periodo di “rinascita” con il ritorno agli affetti familiari, con l’incontro con Kathrin (che in seguito gli darà due figli) con l’arrivo nuovamente di vittorie e soddisfazioni non appena cessano i quattro anni di squalifica.

Se non che nell’agosto del 2016, quando Alex è già a Rio de Janeiro per le Olimpiadi, arriva la mazzata finale, inaspettata e ingiusta: viene accusato di doping in merito ad un prelievo effettuato otto mesi prima. E’ la fine di un sogno e l’inizio di un incubo che lo porterà ad intraprendere una nuova competizione – stavolta quella giudiziaria – per dimostrare (come riuscirà) la sua assoluta innocenza. Il libro è molto esplicito in tal senso e rivela un finale che, per chi un tempo ha voluto bene all’atleta Schwazer, fornisce ora ulteriori elementi per tornare a volergliene.

Alla fine della presentazione, a Rovereto, abbiamo chiesto ad Alex cosa era riuscito a tenerlo in piedi in quella tremenda tempesta che improvvisamente l’aveva colpito. “Se l’errore più grande della propria vita lo si può fare una volta sola – ci ha risposto – non potevo chiudere la mia carriera nel peggiore dei modi. Quale messaggio avrei trasmesso in futuro ai miei figli? Quello di uno sport irrimediabilmente malato? No, no, non potevo assolutamente.”

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