La musica corre sui fili
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Oggi in cielo ho letto melodie… antiche. Sì, antiche, perchè forse non tutti sanno che il rigo musicale non sempre ha avuto cinque righe come lo conosciamo oggi. Prima dell’800 (non il 1800, ma proprio l’800, cioè 1200 anni fa) la musica e le note non esistevano come concetto scritto e le melodie si tramandavano solo oralmente. Così facendo, però, molte si perdevano nel tempo, o poteva magari succedere che un nonno, non proprio intonato, le insegnasse al nipotino

 con qualche significativa modifica stravolgendo di fatto l’originale. Insomma, era tempo di trovare una soluzione. Fu così che nel IX secolo nacque l’idea di incidere su pergamena un’unica linea che fosse di riferimento per intonare meglio le melodie. Poco dopo, le linee divennero due, una rossa e una gialla. Si passò quindi a tre e poi a quattro. E fu proprio il tetragramma (quattro linee) a rimanere per parecchio tempo come “trama” su cui trascrivere i suoni dei canti gregoriani. Ma in che modo?

Canti Gregoriani

Bisogna dire che nel frattempo erano nate le note. Da semplici lettere, si erano trasformate in piccoli segni che, posti sopra il testo dei canti, approssimativamente ricordavano il salire o scendere della melodia. Erano chiamati “neumi”, sostituiti in seguito da vere e proprie note, quadrate, da porre sul tetragramma.

I loro nomi li inventò Guido d’Arezzo, un monaco che li ricavò dall’Inno di S. Giovanni, isolando la prima sillaba di ogni verso e ottenendo così UT, RE, MI, FA, SOL, LA… UT divenne poi DO, in onore di Dio, DOminus, cui venne aggiunto il SI, ricavato dalle iniziali di Sancte Johannes.

E finalmente si sperimentò il PENTAgramma, anche se successivamente non mancò chi volle provare con un rigo a sei o a otto linee, come fece Frescobaldi. Tra un esperimento e l’altro, fu però il pentagramma a rimanere invariato per secoli nella Storia della Musica, il più adatto a essere letto facilmente pur contenendo un buon numero di note. Oggi qualcuno lo “snobba” e sperimenta altri sistemi, ma per ora è ancora il re incontrastato della Musica.

Tornando alla foto di apertura, ammirando questo cielo trentino solcato da un “rigo musicale” ad alta tensione, non ho potuto fare a meno di dedicare un pensiero anche alla musica che si ascolta, non solo a quella scritta. Quella che della “tensione” ha fatto la sua forza. Quella che ti trascina come fossi stato investito da un flusso elettrizzante, una corrente, appunto. Che può manifestarsi come una dolce onda, o come un vortice che ti risucchia e ti porta con sé con la sua forza travolgente. Come rimanere indifferenti…?

Certo, perché accada la magia, bisogna “donarsi” alla musica, non lasciare che diventi puro arredamento mentre siamo assorbiti in mille altre faccende. Lei ci può donare emozioni e benessere, ma lo scambio deve essere reciproco. Dobbiamo saperla ascoltare e concentrarci su quello che sentiamo. Basta col multitasking!

Se sarà così, se con una presa di coscienza del valore della musica, riusciremo nella nostra “impresa”, in noi si accenderà una scintilla che ci porterà a godere di uno dei regali più straordinari che l’uomo abbia mai saputo creare!

In conclusione, tutto questo lungo discorso per dire che da quelle tre semplici linee osservate in cielo con qualche pallina a fare da nota, si è arrivati a concepire grandi cose, grandi musiche… oltre che svariati pensieri liberi e fantasiosi, quelli che oggi hanno portato ossigeno alla mia mente.

PS: Avete voglia di abbandonare ogni pensiero ed attività per un momento tutto vostro che vi farà sperimentare un crescendo davvero tensivo? Provate con questo brano (si può trovare su tutte le piattaforme musicali) di un autore del nostro tempo, purtroppo scomparso recentemente: “Rain in your black eyes” di Ezio Bosso. E dopo esservi immersi in un’atmosfera tenue, rilassante e malinconica, siatene certi, arriverete all’high voltage, con un climax straordinario!

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