LA TRASCURATEZZA. NEGLIGENZA E ABUSO
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In questo nostro tempo di comunicazioni e di scambi continui, di contatti e infinite condivisioni, contrariamente a quanto si pensa, le relazioni appaiono impoverite e i rapporti emotivi rarefatti. L’attenzione all’altro diminuisce mentre invece aumenta la distrazione e l’assenza dello sguardo che caratterizzano la trascuratezza, cioè quel comportamento, consapevole o meno, volontario o involontario, che da sempre fa parte delle varie forme di abuso.

Ma a differenza di ogni azione di maltrattamento che è dato da un fare molesto, offensivo e negativo, la trascuratezza si esprime per tutto quello che non si fa o non si dice. È un’omissione, un “non compiere”, cioè un non dare quello che serve e necessita a qualcuno che ne ha bisogno.  Nelle relazioni con i minori, la trascuratezza è quindi un comportamento negligente dell’adulto, un atteggiamento educativo mancante o totalmente assente del genitore che “dimentica” le sue responsabilità e, distratto da altro, non guarda, non osserva e non interagisce.

Prima ancora della dimenticanza grave che porta a lasciare per ore un piccolo in auto, la negligenza della trascuratezza può essere una forma di distrazione più quotidiana e meno eccezionale.  È lo sguardo altrove, disattento.  È un vuoto di partecipazione, una mancanza di sintonia, una distanza affettiva persistente che non fa vedere l’altro come persona, non ne ascolta i bisogni e le necessità. Non lo considera o lo percepisce poco, privo di importanza. Così la trascuratezza volta a un adulto o, più ancora, a un minore, è una vera e propria violenza, spesso difficile da rintracciare perché fatta di piccole e persistenti disattenzioni, nascosta in mezzo alla fretta con cui si vive e apparentemente giustificata dalle mille incombenze quotidiane. Una negligenza grave, un vero e proprio abuso psicologico che, come gli studi confermano, è grado di ferire in profondità, a volte più del maltrattamento fisico.

E oggi pare che sia sempre più allarme trascuratezza, perché viviamo giorno dopo giorno una diffusa e persistente distrazione dall’ascolto degli altri e dal loro sguardo. Complici le nuove tecnologie, ci stiamo trasformando in una comunità in sovraccarico di informazioni, sempre più catturata dalla pervasività dei dispositivi e dalla seduzione delle comunicazioni che dilagano sui nostri display. C’è all’orizzonte un reale il pericolo che stiamo chiamando phubbing, ovvero un comportamento ampiamente diffuso che tende a privilegiare lo smartphone rispetto all’interlocutore e .alla sua presenza fisica, ne trascura lo sguardo e allontana il contatto. In molti paesi si parla già di rischio per le relazioni interpersonali e di pericolo per i rapporti affettivi.  Gli studi sembrano insistere sui danni che questa nuova forma di  trascuratezza potrebbe produrre divenendo sempre più estesa e diffusa se non si interviene con un’educanzione precisa all’uso corretto dei dispositivi e programmi di prevenzione per adulti e minori.

Giuseppe Maiolo

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