Morire di eroina
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La storia agghiacciante di Desirée Mariottini è la narrazione drammatica della disperazione giovanile e del degrado urbano, ma soprattutto umano.
Dimostra che si può morire per overdose ed essere stuprati dal branco, che si vive l’adolescenza da soli, senza riferimenti, abbandonati a se stessi e trascurati da adulti latitanti o incapaci di fare la loro parte.
Dimostra che i giovani di oggi non sono in grado di cogliere il rischio delle loro azioni o individuare i pericoli che attorniano l’esistenza.
Ma ci dice anche che li abbiamo imbrogliati e li stiamo ancora ingannando con l’ipocrisia delle parole e l’assenza di quei gesti che dovrebbero invece coltivare la crescita e far diventare autonomi e maturi.

Abbiamo permesso che proliferasse quella «banalità del male» che la Harendt individuava nell’inconsapevolezza delle azioni, cioè nel non sapere cosa produce un gesto e dove conduce un’azione.
Perduta l’attenzione selettiva dell’educazione che sa evidenziare i comportamenti positivi ma anche segnalare quelli sbagliati e pericolosi, si è appiattita la percezione del rischio e si è perso quell’allarme sociale che un tempo poteva funzionare in particolare per l’eroina.

L’inganno, per quanto riguarda l’uso delle sostanze, è stato a mio avviso quello di aver parificato tutte le droghe, averle rese uguali per pericolosità.
In realtà questo ha permesso di abbassare la guardia negli adulti i quali, sparita la siringa come simbolo del degrado e del pericolo, non hanno saputo vedere che l’eroina stava cambiando faccia e mutavano le dinamiche con cui i giovani si avvicinavano alle droghe.
E negli anni anche i giovani hanno perso l’idea che le sostanze producessero dipendenza e fossero un pericolo.
Nessuno degli adolescenti di oggi, infatti, teme questo, né si considera tossicodipendente se si fa regolarmente le canne.

Se c’è un significato a tutto questo, credo dovremo cercarlo in quel tanto di onnipotenza infantile che adulti e famiglia hanno contribuito a mantenere in vita nell’adolescenza.
I piccoli imperatori che abbiamo adorato durante l’infanzia e idolatrato stendendo davanti a loro lunghi tappeti rossi, sono diventati i ragazzi convinti di poter governare tutto e saper ogni cosa sulle sostanze.
Poi, persa la valenza simbolica dell’autorità, è cambiato profondamente il concetto di trasgressione.

Perché un tempo le droghe si assumevano per trasgredire contro qualcuno e contro le sue regole oppure, come agli inizi del terzo millennio, per affrontare con grinta la vita e vivere le relazioni senza paura.
Servivano per sentirsi diversi e in opposizione al mondo.
Oggi la trasgressione non esiste più mentre l’eroina che è ricomparsa in abbondanza sulla piazza, facile da reperire e a basso costo, serve più come sedativo e strumento che ti estranea dalla realtà e dal futuro.
E su questo abbiamo bisogno di riflettere oltreché discutere se non vogliamo, tra qualche settimana, dimenticare Desirée.

Giuseppe Maiolo
Doc. Psicologia dello sviluppo – Università di Trento

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