© Copyright: Richard Johnson/Weapon of Choice (www.hurtwords.com/)
La violenza ha molte facce. Quella psicologica è meno evidente ma più subdola, nascosta, invisibile. Spesso ci concentriamo sulla violenza fisica, sugli abusi sessuali e non ci rendiamo conto di quanto siano profonde le ferite prodotte dalle parole che diciamo. Il verbale colpisce, taglia, incide in profondità, alle volte entra dentro la pelle e va oltre.
In qualche caso uccide. Anche. Ci sono storie tragiche che conosciamo purtroppo solo dopo che hanno ferito a morte come nel caso dei ragazzi e delle ragazze che si tolgono la vita perché offesi, diffamati, umiliati per una qualche diversità. Il cyber bullismo o lo stalking e il mobbing sono tra i fenomeni oggi più frequenti e dannosi che riguardano la nostra società.
La violenza psicologica verbale è una lama tagliente, un bisturi che incide nell’anima. Tutto può iniziare per caso e alle volte lievemente. In molti casi sono battute e derisioni che sembrano innocenti perché questa forma di violenza si esprime per la maggior parte dei casi nei contesti familiari o comunque dove c’è una certa intimità tra le persone.
Il mobbing familiare si rivela devastante con le donne che subiscono offese e umiliazioni verbali dai loro compagni. Con i bambini però la violenza delle parole può diventare sottilmente mortifera, perché anche quella che si può considerare una battuta priva di valore, in molti casi va a minare la fiducia nei confronti dell’adulto e di cui il bambino per crescere ha un estremo bisogno. Soprattutto distrugge o compromette gravemente la sua autostima. Mina la stabilità psichica e danneggia l’immagine che un bambino o può avere di sé.
Occupandomi da molti anni di violenza sui minori da parte degli adulti più volte mi è capitato di sentire madri o padri, genitori, insegnanti o educatori che “bonariamente” e senza riflettere usano dire ad un bambino frasi del tipo “sei una testa dura!” ” Non capisci niente!” o ” Che stupido!”. Sembrano battute inoffensive, ma ripetute più volte fanno male, feriscono e umiliano.
Da questo presupposto è nato il progetto di ricerca che porta il titolo “Weapon of Choice” (Scelta dell’arma). L’idea era quella di verificare quanto la violenza verbale possa essere dannosa. In modo particolare è emerso come i bambini sentano la parola “stupido” come un’offesa quando usata frequentemente e quanto le adolescenti percepiscano lesiva della loro dignità la parola “sgualdrina” (slut).
Inoltre è apparso chiaro comele parole che si usano nella violenza verbale e psicologica non sono casuali, ma sclete dall’adulto per ferire. Per questo al progetto è stato dato il titolo di “Scelta dell’arma”.
E’ nata così una campagna di sensiblizzazione che attraverso una suggestiva carrellata fotografica di elevato valore artistico e realizzata dal fotografo Richard Johnson, ha messo a fuoco quel dolore invisibile causato dagli abusi verbali che, come vuol sottoineare il fotografo, lasciano profondi segni sul corpo.
Il progetto che è possibile vedere ne sito Hurtwords è indicativo del fenomeno. Deve farci riflettere su un fenomeno poco visibile, ma altrettanto pericoloso e dannoso come quello che passa nascostamente nelle nostre azioni quotidiane o nelle parole che pronunciamo senza immaginare che possano ferire.
Giuseppe Maiolo
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