Quel piacere di imparare
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Tra pochi giorni riprende un nuovo anno scolastico e si ripresenta, per i nostri giovani, un nuovo percorso di apprendimento, e con esso, anche una nuova esperienza esistenziale.

Imparare è un piacere, o per lo meno dovrebbe esserlo.

Certamente, però, è nell’esperienza di ognuno quella di aver anche faticato, se non sofferto, a scuola e di aver vissuto l’apprendimento come tutto meno che un piacere. Eppure, guardando i bimbi piccoli, è indubbio scorgere un innato stupore ogniqualvolta scoprano qualcosa di nuovo o imparino qualche abilità: stupore e meraviglia, infatti, si accompagnano naturalmente alla crescita e all’apprendimento.

Tra pochi giorni, quindi, i nostri ragazzi si troveranno nuovamente di fronte alla possibilità del piacere di apprendere oppure allo stress scolastico: se facessimo un sondaggio, cosa ci direbbero i diretti interessati? Con quali aspettative bambini, ragazzi e adolescenti stanno attendendo l’inizio del nuovo anno scolastico?

L’esperienza scolastica degli ultimi anni, influenzata dagli eventi pandemici e dalle conseguenti normative, si è colorata probabilmente di tinte piuttosto fosche per la maggior parte dei nostri giovani e, molto probabilmente, quel piacere di imparare ha lasciato sempre più spazio purtroppo all’apprensione, se non all’ansia vera e propria. Fobie scolari, infatti, ansia e attacchi di panico, sindromi depressive e disturbi comportamentali, ecc. hanno registrato un picco decisamente preoccupante lo scorso anno scolastico, a tal punto che gli abbandoni scolastici sono aumentati di gran lunga rispetto gli anni precedenti.

Lo stato d’animo prevalente, quindi, sembra abbastanza chiaro e certamente non predispone a quel piacere di imparare: il contesto scolastico, purtroppo, è sempre più vissuto come un luogo che è fonte di stress, anche se per motivi diversi.

Il punto è che “stress” e “apprendimento” non vanno d’accordo! Il clima scolastico percepito, quindi, rischia di essere un problema non soltanto per la qualità dell’esperienza, ma per l’obiettivo stesso della scuola, che dovrebbe essere l’apprendimento e lo sviluppo dei nostri ragazzi.

È risaputo, infatti, che le emozioni con cui un giovane si approccia al contesto scolastico e dell’apprendimento possono facilitare oppure ostacolare di molto il processo stesso dell’imparare; come sostiene la prof.ssa D. Lucangeli, ricercatrice all’avanguardia su questo campo, “Se un bambino impara con gioia, la lezione si incederà nella mente insieme alla gioia. Nella sua memoria resterà traccia dell’emozione positiva che gli dirà: Ti fa bene, continua a cercare!”

La sfida per il nuovo anno scolastico che sta per iniziare non riguarda, quindi, solo i ragazzi, ma ancor di più gli adulti, insegnanti, educatori, dirigenti scolastici ecc. che sono direttamente responsabili del clima che si genera in classe, e in senso generale a scuola.

Il presupposto per l’apertura e la disponibilità ad apprendere è ovviamente il senso di sicurezza, ma negli ultimi anni, “senso di sicurezza” si è declinato con “misure di sicurezza”, che sono ben altra cosa e rischiano di generare ancor più ansia. Educare la mente, allargarne gli orizzonti, è impresa assai ardua in un contesto percepito come “minaccioso”, arido, perfino ostile e se l’esercizio del pensiero non è affiancato dal sentimento, da una partecipazione affettiva, fosse anche da una fascinazione: la mente non può aprirsi, infatti, se è impegnata a difendersi e se prima non si è aperto il cuore.

Lo stato di crisi in cui versa la scuola rischia dunque di cronicizzarsi o, peggio, di amplificarsi ulteriormente, se essa non saprà ripensarsi ed agire per ritrovare un clima più accogliente ed umano, nel senso letterale del termine, ovvero incentrato sulle relazioni, sull’empatia, su una comunicazione affettiva, sul bisogno di contatto e vicinanza che è innato in ogni essere umano.

Perché bambini e ragazzi ritrovino il piacere di imparare, occorre non solo insegnare loro con piacere ed entusiasmo, ma portarli a capire che “sapere” non vuol dire raccogliere e disporre di tante informazioni, magari depredate dalla rete, bensì riuscire a coglierne i nessi, ovvero “connetterle” in un tutto armonico, con apertura, curiosità e con un incessante esercizio critico; ciò imparando consapevolmente a disfarle, rigirarle, combinarle, sostituirle, condividerle… A questo punto alla scuola resta il delicato compito, su cui si giocano le sue stesse sorti, di favorire questo sano “connettersi”, con testa e cuore, a quelle informazioni e a chi le trasmette (si spera) con mente e cuore altrettanto aperti.

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