Terrorista a 15 anni. Ovvero le scelte estreme di una generazione
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A leggere la storia del 15enne di Bolzano, presunto terrorista in procinto di attentati violenti, si rimane increduli. Ma ciò che sconvolge di più è l’età del giovane che indica, se mai ce ne fosse ancora bisogno, quanto l’infanzia oggi si concluda precocemente.

Da

Di certo in questa storia inquietante ci sta l’iperconnessione dei giovanissimi che li fa approdare nel dark web attratti dalla dimensione oscura di internet. A me sembrano ancora più significativi però la solitudine e l’isolamento con cui cresce la generazione Alpha, quella dei nati tra il 2010 e il 2013. Non di rado alle spalle ci sono ambienti problematici dove gli adulti sono distanti dai loro interessi.

A volte talmente distratti da non accorgersi di chi se ne esce di casa armato fino ai denti e vaga disorientato nel vuoto di presenze affettive che invece dovrebbero esserci per arginare il flusso continuo della violenza.

Senza dire poi che gli attuali adolescenti reduci dal Covid, portano con loro l’esperienza dei quel forzato isolamento che ha aumentato la dipendenza dai social e ridotto la capacità critica. Preoccupa non poco quindi l’aumento dei comportamenti estremi e la radicalizzazione delle idee di questa generazione.

Che però non sono fenomeno nuovo come non lo è l’attrazione per il rischio in quanto parte integrante del processo di individuazione e di ricerca di senso. Anzi non c’è adolescenza senza quell’andare da un estremo all’altro e dove è ridotta, forse ridottissima, la percezione del pericolo per ragioni fisiologiche ma anche per la carenza di figure autorevoli capaci di frenare l’impulsività giovanile.

Ma non c’è sempre la psicopatologia dietro le scelte estreme, così come nemmeno in questo quindicenne potrebbe esserci un disturbo narcisistico di personalità, che qualcuno ha già ipotizzato. Diagnosi possibile ma non certa. Perché se dietro le radicalizzazioni ci può stare una salute mentale precaria, di solito ci sono motivazioni diverse connesse con il tentativo di risolvere i problemi di una crescita faticosa e reggere un impegno evolutivo complesso.

I comportamenti estremi di oggi sembra abbiano più a che fare con questa generazione senza futuro, amputata del domani, delusa e immersa in una realtà che, per frequenza, ha normalizzato la violenza, incrementato e reso spettacolari le radicalizzazioni.

Non a caso molti giovani solitari fuggono e si ritirano dalla realtà sociale o abbracciano cause violente con poco o scarso senso critico e con la percezione della propria insopportabile fragilità. Qualche volta addirittura col sentimento plumbeo di una vulnerabilità ingovernabile. Contro l’insoddisfazione e il dolore interiore, possono invece funzionare le dinamiche del “branco” che ammalia e cattura. E allora l’appartenenza a un gruppo o magari a una cellula terroristica operativa potrebbe servire per mettere al riparo l’adolescente, incurante dei rischi, dalle difficoltà relazionali che deve affrontare.

Forse casi come questi ci spaventano, ma ci obbligano a rivedere le nostre funzioni adulte.

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