La parola “benessere” ricorre ormai di frequente nel nostro parlare. Con essa ci riferiamo allo “star bene” individuale e collettivo in una società sempre più complessa.
Tuttavia non si tratta più solo di ricercare il benessere fisico, psicologico, relazionale ed economico, ma costruire condizioni per un “benessere globale”. Va, ad esempio, pensato un “benessere digitale”, di cui le nuove generazioni hanno un grande bisogno soprattutto ora che l’esistenza comune si va coniugando con una particolare architettura tecnologico-digitale chiamata “metaverso”.
Non se ne sa ancora granché, ma semplificando si può dire che sarà uno spazio tridimensionale in cui reale e virtuale si incontrano e dove gli individui o utenti si muoveranno liberamente. Un luogo dove giovani e non più giovani, immersi in un mondo interconnesso, verranno chiamati ad operare, lavorare, giocare, vivere e condividere la realtà fisica e quella aumentata. Accadrà grazie a dispositivi mobili, cuffie e visori sempre più sofisticati di cui saremo dotati.
È, in fondo, quello che ci aspetta visto l’uso comune e intensivo dei media digitali nella vita quotidiana. Ma questo renderà urgente, non più la demonizzazione continua dei “pericolosi” smartphone che fanno ormai parte dell’esistenza di tutti (bambini compresi), ma la necessità che gli adulti conoscano bene questi strumenti e sappiano far capire le loro funzioni senza trascurare la conoscenza dei rischi possibili derivanti da un loro utilizzo scorretto.
Per la realizzazione del “benessere digitale” servirà mettere a punto programmi capaci di aumentare le competenze digitali degli adulti e precisi progetti di educazione ai media.
Sull’importanza di queste competenze digitali, vale la pena ricordare una ricerca dell’Università Milano-Bicocca fatta su 171 classi di 18 scuole del nord di Milano e della Brianza che ha coinvolto 3659 studenti tra i 15 e 16 anni. Lo studio mostra quanto queste competenze siano limitate e carente l’utilizzo corretto delle informazioni reperite in rete, anche se gli adolescenti a questa età si mostrano a loro agio nella comunicazione su chat e social.
Emerge però che il 29% degli adolescenti è a rischio per l’uso scorretto dello smartphone e il 32% delle femmine per l’uso eccessivo. È significativo vedere come il 25% degli intervistati lo utilizzi nelle ore notturne e il 35% lo controlli immediatamente al risveglio, mentre il 50% lo usa mentre fa i compiti e il 60% durante l’attività ludica.
Sono dati non trascurabili che rendono urgente una seria progettualità educativa al digitale da parte della scuola e degli adulti di riferimento a cui, peraltro, devono essere richieste competenze educative sull’uso dei dispositivi mobili e sul come controllare l’attività in rete dei minori.
È urgente pensare a una comunità educante capace di applicare una corretta “dieta tecnologica” e anche in grado di organizzare fin dai primi anni della Scuola Primaria progetti formativi che coinvolgano bambini, insegnanti e genitori. L’obiettivo è costruire un “benessere digitale” capace di ricadute dirette e indirette sulle nuove generazioni e sulla collettività.