Nei giorni del Safer Internet Day ho scelto di narrare un frammento di bullismo reale e virtuale, uno dei tanti che ho visto e incontrato parlando con adolescenti e bambini di soprusi e violenza. Ogni volta ho trovato nomi differenti da quelli di Sara e Valentina (che sono di fantasia), ma quando è in scena il gruppo con il suo silenzio e con quel “divertirsi” da lontano, la sofferenza e il dolore di chi è vittima sono uguali e aumentano l’impotenza e la solitudine. È la maggioranza silenziosa che preoccupa.
Hanno occhi tutti diversi ma gesti e parole che si somigliano, scarpe e felpe uguali. Sono i compagni e gli amici, quelli che condividono storie reali e avventure online con i pari. Sono bambini o adolescenti che stanno nel mondo di Sara e di Vale, che attraversano la stessa strada e conoscono non poche narrazioni di tortura o di rivalsa.
Sono lì anche loro sulla scena, e si divertono o temono, ma è come se non ci fossero. Gomito a gomito tra i banchi, fanno crocchio e sentono l’ingiustizia dei pari senza aggiungere niente alla loro assenza.
Se una ci prova, finisce fuori a condividere la stessa sorte, e senza il gruppo non si vive, a volte nemmeno si sopravvive. Qualcuno fa finta di non sapere la fatica dell’umiliazione e di come ti lacera la derisione. Ma scendere in campo con il proprio dolore è rischioso, può farti trovare solo nella solitudine o, ancor peggio, essere escluso e dimenticato. E allora taci, non sai o non vedi. Qualche altro non sa mettersi “dentro” o “al posto di” e molti non conoscono il confine delle cose o il limite che dà il silenzio.
Valentina, la vittima designata, ha la sua maschera sorridente dietro la quale nasconde parole e urla che dovrebbero chiedere o, più ancora, pretendere aiuto, ma una, due, venti amiche stanno alla finestra e non si guardano. Alcune trovano perverso il ghigno della “pantera” quando assale e morde, ma hanno paura di peccare a fare la spia o l’indifferenza come difesa per tenersi lontane dal male e garantirsi un po’ di protezione dai felini che vagano ovunque ormai.
Il branco non inventa nulla: eredita o imita. E chi ne fa parte di solito ha sentito mille volte dentro le case di appartenenza la distrazione e l’assenza, il valore che ha quello “star fuori dagli affari degli altri”. Così il gruppo che sa e non dice, che ascolta ma tace è anche quello che se ne va dallo sguardo di chi soffre e si assenta o si giustifica.
Sara, la bulla, seduce e attrae tutti nella sua rete. Sa come incantare e tenerli stretti nel recinto magico del divertimento che unisce alla minaccia e al fascino del suo potere. Ed è a quel punto che maschi e femmine, gregari o mezzi leader, fanno di Sara la loro condottiera e di Valentina uno strumento di gioco, salvo poi alternare il passatempo al supplizio e il carnefice alla vittima. Perché oggi tutto può cambiare, e la rete che ti esalta e ti rende popolare, ti intrappola e ti trasforma senza che tu te ne accorga.
A meno che non ci sia negli immediati dintorni chi può salvare.
Auguriamocelo, ma anche facciamo in modo che ci possa essere davvero.