Stupisce, come sempre, Papa Francesco ma coglie nel segno.
I padri di oggi sono latitanti, assenti, distanti dai figli. Io Aggiungerei mancanti, perché mancano delle loro funzioni principali. Ce lo ricorda proprio il Pontefice quando dice che siamo passati da un estremo all’altro: dal padre autoritario, dal “patriarca” dotato di potere assoluto sulla famiglia, al padre democratico, meno corazzato e più conciliante, morbido e dolce, capace di tenerezze e affettività. Qualità che prima appartenevano solo alla figura materna.
Ora i nuovi padri, dismessa la corazza e l’elmo che li faceva forti e coraggiosi, sono diventati teneri e dolci, protettivi e rassicuranti, preoccupati di non “far andare in guerra i loro figli” e salvaguardare il loro benessere materiale e non solo. Gesti, tratti, azioni e pensieri che hanno fatto loro conquistare il titolo di “mammo” perché questo codice di comunicazione appartiene più all’universo materno. Ne è venuta fuori nel contempo l’immagine di un padre incerto e timoroso, preoccupato di sbagliare e non di rado senza parole e senza gesti da dare ai loro figli. Silenzioso e sullo sfondo della scena familiare.
Per questo il padre di oggi lo sento “mancante”. Manca di presenza significativa e, un po’ trasparente, non si mostra per quello che è, ha pochi progetti e scarsa determinazione. Manca quindi delle funzioni specifiche della paternità. Sovente è molto presente nella prima fase della vita dei figli, li coccola e li accudiscono, ma poi nel corso degli anni e in particolare nell’adolescenza, capita spesso che si eclissi o sbiadisca.
Molti padri del nostro tempo sembra che abbiano abdicato al loro ruolo e lasciato alla compagna-madre il timone della funzione educativa, la responsabilità e il carico dei figli e della loro gestione. Quindi sono latitanti, come dice il Papa, perchè non passano più di tanto tempo a interagire con quegli adolescenti così difficili da comprendere, taciturni più che aggressivi, sempre immersi nelle loro connessioni, anche loro distanti.
Questi padri ad esempio non hanno più energia, nè forza e determinazione. Così non spingono i figli a sognare, perchè essi stessi non hanno più progetti da inseguire. Complice la crisi che avvolge tutti, nemmeno sguardi di fiducia verso il futuro. E poi non hanno pazienza per loro. Non li educano a saper aspettare e li lasciano nel presente. Soli con le loro ansie e tutte le incertezze di un tempo di precarietà.
“La tua pazienza, triste e delicata, ci rubò la paura”. Questo scrisse del padre Salvatore Quasimodo.
La mancanza dei nuovi padri sta lì, nel non saper contenere i figli nei loro bisogni, nell’incapacità di attendere e nella paura di mettere “paletti” e limiti alla loro esuberanza dei figli. Sta nel cercare un rapporto amicale piuttosto che ritrovarsi a discutere o anche a scontrarsi. Sta soprattutto nella perdita di autorevolezza e fermezza.
In questo modo il padre è mancante di funzioni, quelle specifiche maschili, ovvero quelle che servono al figlio per individuarsi e riuscire a separarsi dalla famiglia, abbandonare il legame con la madre, e andarsene di casa capace di affrontare con fiducia il mondo. E’ allora che questo ‘mammo’ perde la partita e non aiuta i figli a diventare grandi e autonomi.
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