La povertà educativa e i comportamenti a rischio dei giovani
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“Il tempo dei bambini” è il titolo del nuovo Atlante di Save the Children Italia presentato pochi giorni fa a Roma. Il report, corposo, fotografa la situazione italiana dove negli ultimi dieci anni i minori in povertà assoluta sono oltre 1,2 milioni. Il che dà l’idea di quanto sia peggiorata la condizione dell’infanzia e dell’adolescenza. Ma colpisce il fatto che accanto alla povertà economica si è aggiunta quella relazionale e la povertà educativa. E allora capisci perché pur parlando tanto di prevenzione, in definitiva se ne fa poco o nulla. Ti rendi conto che la povertà educativa che ha a che fare con la trascuratezza e la disattenzione affettiva, è in definitiva mancanza di efficaci azioni informative e formative le quali, vengono affidate a quintalate di depliant descrittivi e a interventi spot, spesso inefficaci. Perché la prevenzione è educazione.

Se è carente, il disagio giovanile aumenta e crescono le manifestazioni della sofferenza di cui i comportamenti a rischio sono sempre un segnale preoccupante. Così ogni settimana dobbiamo occuparci di giovani morti sulle strade per abuso di alcol e di adolescenti, come Erika di 19 anni che nello scorso weekend è morta a causa di un mix letale di droga e alcol.

Ogni volta però finiamo per concentrarci sulle colpe delle sostanze che come alcol e droga producono morte, ma ci lasciamo sfuggire le vere ragioni dei comportamenti a rischio praticati sempre di più dai nuovi giovani. Nonostante tutte le informazioni che abbiamo dato loro a scuola e in ogni luogo sulla pericolosità di alcune pratiche e sui rischi delle azioni cosiddette al “limite”, è aumentato e non diminuito il disagio in adolescenza. Al Pronto Soccorso, secondo alcuni dati, il 17% dei ricoveri dei ragazzi tra i 15 e i 18 anni è causato da coma etilico, il 43% a 15 anni ha già provato il binge drinking, ovvero il “gioco” micidiale della sbronza data dall’assunzione rapida e eccessiva di quantità consistenti di alcol. E poi è allarmante che tutto cominci sempre prima in quanto già a 9-10 anni oggi ci si ubriaca senza che vi sia alcun controllo da parte egli adulti.

Si potrà dire che tutto in questo nuovo millennio è cambiato così come le abitudini continuano a modificarsi le abitudini degli adolescenti, ma il problema vero sta nel fatto che non siamo più capaci di mettere in atto relazioni costruttive con i bambini. Tutto, come è detto nel dossier di Save the Children, si è impoverito.  I rapporti tra gli adulti sono permeati da indifferenza e povertà comunicativa.  Prevalgono gli ideali narcisistici dei grandi che rendono difficile, se non impossibile, quella comunicazione empatica con gli adolescenti che dovrebbe sostenere la crescita. Viceversa i ragazzi appaiono fragili e incerti, spaesati e disorientati per la presenza di enormi vuoti affettivi che li rende incapaci di immaginare un futuro, estremamente insicuri sul piano personale e afflitti da un consistente sentimento di precarietà. L’intelligenza emotiva, di cui dispongono naturalmente i bambini, e che andrebbe sviluppata e potenziata precocemente nel corso dei primi 4/5 anni di vita, non viene sostenuta da attenzione, cura e sintonia affettiva.

Al contrario li facciamo diventare grandi senza che sia stato fatto un serio progetto educativo capace di tener conto delle esigenze della loro crescita. Povere e conflittuali, invece, le relazioni familiari non sostengono il processo di individuazione e non mettono in grado i minori di sviluppare un pensiero critico utile a costruire autonomia, autoconsapevolezza e obiettivi per il futuro. Non averne o non riuscire a intravvedere una meta, fa desiderare la soddisfazione immediata dei bisogni e spinge a percepire come indispensabili quelle scariche di adrenalina illusoriamente capaci di compensare apatia e noia. Le pratiche a rischio e i comportamenti estremi degli adolescenti, allora, non sono più motivati dal bisogno di migliorare le prestazioni, quanto dall’acuta necessità di tollerare le frustrazioni e il dolore.

Giuseppe Maiolo

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