La regola dei giochi
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Più di un anno schiacciati dai fantasmi del passato, sporti verso un futuro ingenuamente ottimistico: tra le paure riemergenti delle devastanti pandemie medievali e la voglia di scorciatoie in avanti per uscirne in fretta («Andrà tutto bene», ve lo ricordate?).

Non c’è soluzione se non riappropriandoci del presente, vivendo consapevolmente la contemporaneità. Il teatro è la risposta “necessaria”, l’espressione dell’umano che più di ogni altra ci fissa nel qui e ora. Di tale segno è l’intuizione, intelligente e provocatoria, che il collettivo Gruppo della Creta di Roma, attivo ormai da sei anni,  ha messo in scena a partire dal settembre scorso presso il TeatroBasilica: “La regola dei giochi” è una proposta articolata in cinque atti unici, compiuti in sé ma in qualche modo legati dalla serialità, due o tre per sera in un fine settimana al mese.

Un filo rosso invisibile e robusto, che il drammaturgo Anton Giulio Calenda ha intrecciato, giocando egli stesso a costruire un contenitore di racconti che, ci ha rivelato, «nello stesso tempo rassicura e spiazza lo spettatore: ha il respiro di piece da 40’ l’una, come la puntata delle serie televisive che hanno occupato il lockdown, cerca la fidelizzazione, non manca di ironia e sprazzi di umorismo, ma solleva quesiti, costringe i protagonisti e poi il pubblico a trovare le regole non esplicite, a superare ostacoli». Cinque testi tra loro molto diversi –“Ucronìa”, “Soldato”, “Il regno”, “Matteo”, “Squali”-  che possono alludere a situazioni utopiche o alla narrativa di guerra o ancora al teatro borghese da camera, ma in definitiva parlano a noi e di noi, intrecciando nodi invisibili che non siamo esentati dal districare a fine di ogni spettacolo o ancora di ogni polittico a cinque quadri.

Una sfida e una scommessa alle quali Alessandro Di Murro ha dato il sostegno di una regia che accompagna linguaggi diversi, che partono dal teatro di parola o, come precisa lo stesso Di Murro, «dalla ricerca intorno alla parola» per andare via via a distillarsi in situazioni rarefatte, nelle quali emergono, pochi e simbolici, i gesti, segni di «una grande vitalità, comune all’avvio delle storie, che declina e viene sconfitta». 

Quasi sempre imperniati sul rapporto dialettico tra due attori (Amedeo Monda e Laura Pannia in “Ucronìa”, Matteo Baronchelli e Alessandro De Feo in “Soldato”, Valeria Almerighi e Jacopo Cinque ne “Il regno”, Alessio Esposito e Bruna Sdao in “Matteo”), tranne l’ultimo, “Squali” con Matteo Baronchelli, Jacopo Cinque, Alessio Esposito e Amedeo Monda, i cinque atti unici si legano dentro una cornice narrativa come avviene per una corona di racconti; chissà perché, forse perché l’idea è nata in pieno lockdown, quando autore e regista ce ne parlano, viene in mente la brigata dei giovani novellatori del Boccaccio mentre intorno divampa la peste fiorentina di metà Trecento: solo un’associazione di idee, ma, come in quel rimando, a conclusione si torna dentro la città.

“La regola dei giochi” del Gruppo della Creta ha riaperto la stagione del TeatroBasilica (già Teatro Sala Uno) in piazza S.Giovanni in Laterano, di cui il collettivo è compagnia residente e motore artistico. La storica sala a fianco della Scala Santa prosegue con questa e svariate altre proposte l’attività riavviata nel 2019. La prossima tornata de “La regola dei giochi” è prevista da giovedì 21 a domenica 24 ottobre (due, due, tre e due atti nei quattro giorni di seguito) e poi dal 18 al 21 novembre e dal 16 al 19 dicembre. Per ora.

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