Si chiedeva Alfred Tomatis, cos’è la “voce” e lapidario rispondeva “La voce è la madre, il padre è il linguaggio”. Medico francese, otorino, grande studioso delle funzioni dell’ascolto come strumento fondamentale di comunicazione, indimenticabile maestro, Tomatis diceva che la voce trasmette vocalità, suoni e vibrazioni, prima ancora delle parole.
Viene infatti prima del linguaggio, arriva da lontano, nel senso che si prepara con la funzione uditiva che inizia attorno alla ventesima settimana di vita pre-natale, quando il feto comincia a percepire i suoni, li riconosce e li memorizza. E insieme ai rumori intestinali, al battito cardiaco, sente la voce della madre, assimila le sue armonie e le tonalità, ad esse reagisce e “risponde”.

Alla nascita allora, la voce è uno spettro incredibile di emozioni e le tonalità ricche di varianti, saranno sempre una finestra aperta sull’anima, a indicare ciò che proviamo.
Le varietà del tono potranno essere calde o fredde, aspre o tenere, gravi o acute ma trasmetteranno emozioni e sentimenti come pure atteggiamenti di accoglienza o di rifiuto, di disponibilità o chiusura al dialogo, di comunicazione empatica o ostilità.
La voce è linguaggio corporeo, paraverbale e preverbale che non utilizza in senso stretto le parole, quanto invece il suono che nasce insieme al nostro respiro. Proviene dall’Anemos, il cui significato in greco è “vento” o “soffio” e in latino diventa “Anima” dando origine a vibrazioni che sono sonorità vocali capaci di narrare quello che accade dentro e che manifestiamo al di fuori di noi.
Perché la nostra voce nasce nelle pieghe dell’anima e solo dopo la consegniamo agli altri comunicando anche a prescindere dalla parola. Con essa diamo conto del noi fisico, del “chi siamo” e del “dove siamo” nel momento in cui diciamo al mondo del nostro esistere.
Con la voce siamo testimonianza dell’esserci e delle intenzioni che abbiamo nel “qui e ora” o indichiamo il tratto delle relazioni intessute con gli altri, a prescindere dal contenuto manifesto, ovvero dalle parole coscienti, scelte con la mediazione del verbale. Nella voce non conta quanto diciamo ma come lo esprimiamo con le sonorità paraverbali.
Valgono per la voce i suoni e il tono che sono immediati, cioè senza la mediazione del pensiero e della coscienza che di solito formula con il verbale i suoi concetti .
La voce così può essere connessa o sconnessa dall’IO, può diventare ricca di armoniche o priva, piena di risonanza emotiva oppure monotona e vuota. Cura, di per sé, o resta distante dalla relazione, ed è energia che la alimenta oppure si oppone.
Dipende da ciò che accade dentro, ma in ogni caso è sempre in stretta sinergia con il nostro mondo emozionale e il corpo che la contiene e la genera. Di questo si parlerà e s’inviterà ad esprimere chi parteciperà al Laboratorio di oggi venerdì 28 febbraio alle ore 18,00 nella Sala Consiliare del Comune di Villanuova sul Clisi (BS). Sarà l’ultimo incontro del Festival della parola che condurrà Luisa Lauretta, psicologa di Firenze e Direttore del Magazine “Psicologia e scuola” (Giunti) e affronterà il tema della “cura” della voce e della voce che cura.