L’attesa, arte della pazienza
Share :

Di solito pensiamo che tra aspettare e attendere non ci sia differenza. In realtà sono due verbi diversi con significati, se non opposti, divergenti, perché nell’etimo aspettare contiene l’azione del “restare a guardare qualcosa” e attendere rimanda “al volgere l’attenzione a…” che vuol dire dedicarsi e averne cura.

Non sfugge dunque che l’aspettare sia sosta dello sguardo e stato di sospensione, mentre l’attendere alluda alla tensione che si rivela nel latino “ad-tendere”.

Si è già detto che le parole contano per il significato che hanno, per cui l’attesa non è immobilità o pigrizia. Può sembrare noia, ma non quella che abbiamo imparato a temere per noi e per gli altri e che è stata bandita in questo nostro tempo dominato dalla frenesia e dal multitasking perché pensata erroneamente come vuoto. Nemmeno è sospensione del pensiero o passività della mente, al contrario è una sfida all’impulsività, il coraggio della pazienza e anche l’audacia della speranza.

Si tratta di un agire per combattere le trappole della pulsionalità e un fare per contenere quel bisogno dominante di controllo della vita o la caparbia volontà di realizzare il futuro come lo abbiamo pensato e come lo vorremmo.

È prima di tutto pazienza, arte con cui tenere la calma senza farsi travolgere dall’urgenza. Più spesso lentezza da recuperare, quella per la quale Milan Kundera si chiedeva, “Perché è scomparso il piacere della lentezza?” (La lentezza, Adelphi). Un piacere dunque che abbiamo scordato, uno stato d’animo perduto da quando i bisogni sono soddisfatti prima che insorgano e è ridotto il tempo dell’immaginazione e della fantasia.

Saper aspettare vuol dire, invece, costruire il desiderio e anche essere in grado di rimandare le proprie reazioni alle avversità, possedere determinazione e costanza per aspirare alla meta e al traguardo, dando tempo al tempo.

Attendere

Non la si intenda come rassegnazione, quanto piuttosto come capacità di atteggiamenti costruttivi utili a limitare l’idea che il tempo da vivere sia quello dell’adrenalina e della velocità.
Serve però educarsi se si vuole contenere il “tutto e subito” che sta dietro ogni desiderio indotto, soprattutto se non siamo ancora usciti dall’epoca dei bisogni.

Saper attendere è una virtù da alimentare precocemente educando i bambini all’autocontrollo e al rispetto delle regole o alla negoziazione delle necessità. Ma ci si riappropria della capacità di attendere anche da adulti, coltivando il “qui e ora” cioè il presente e le sue possibilità senza farsi angosciare dalla proiezione ossessiva nel futuro.

È l’arte di chi pianifica con calma e si allena al contenimento delle urgenze riducendo la fretta con cui si attraversano le giornate. Chi sa attendere esercita la pazienza con la quale è possibile accettare i fallimenti e concedersi ulteriori opportunità. Perché diceva Kant “la pazienza è la forza dei deboli e l’impazienza la debolezza dei forti”.

Share :