Gli Alberi, che ricchezza!
Osservarli, odorarli, ascoltarli, cercare di carpirne i segreti: siamo in grado di farlo, fermandoci di tanto in tanto? Eppure hanno tanto da insegnarci e da donarci.
Curiosando fra loro, ho appreso ad esempio che studi recenti hanno rilevato la presenza, sia nelle foreste che nei parchi, degli Alberi Madre. Sono i più anziani e robusti, in grado di creare una rete di connessioni sotterranee, detta wood wide web,utile a sostenere i più deboli e giovani, cui inviano carbonio, azoto e informazioni, in caso di attacchi di parassiti, cambiamenti climatici o altre necessità. A garanzia del benessere di tutti.
Nel libro, “La timidezza delle chiome” di Maroè, si legge “la chioma dell’albero cresce, ma sa, sente, dove cresce l’altra e non si azzarda a toccarla. E’ timida. Quando l’altra chioma è vicina, smette di crescere nella sua direzione. Non la invade, non la tocca”. È un mondo meraviglioso e sinergico, una sorta di società ideale, cui ognuno contribuisce donando le proprie risorse, come succede in un’orchestra.
E un bosco di abeti può davvero diventare un’orchestra! Quando si abbraccia un grande abete rosso, ci si accosta alla mente di un saggio, ma si abbraccia anche l’anima di uno strumento musicale. Un’anima nascosta, che si rivelerà solo se incontrerà il liutaio che la saprà scorgere e portare alla luce. Come sapeva fare Antonio Stradivari, il più grande liutaio della Storia che, più di tre secoli fa, da Cremona, oggi Patrimonio Immateriale Unesco per la Liuteria, si recava nel Parco di Paneveggio, Predazzo, proprio per scegliere quegli abeti perfetti da cui avrebbero preso vita i suoi inimitabili violini, viole, violoncelli.
Oggi quella famosa Foresta dei Violini, pur martoriata dalla tempesta Vaia, è ancora meta di maestri liutai, così come di ditte costruttrici di tavole armoniche per pianoforti. Legno di risonanza di assoluto valore. Eppure i violini di Stradivari sono rimasti ineguagliati, nonostante siano stati studiati e riprodotti in ogni minimo dettaglio nel tentativo di ottenere gli stessi straordinari risultati.
Ma allora in cosa sarà consistito il segreto di Stradivari? Pare proprio in quel legno! Perché studi effettuati negli Stati Uniti, ci fanno sapere che, a partire dal Quattrocento, ci fu in Europa una mini glaciazione che raggiunse il suo apice proprio a fine ‘600, gli anni di Stradivari. Questo gran freddo, oltre ad operare una dura selezione tra gli abeti, lasciando sopravvivere solo i più sani, ha fatto sì che il legno aumentasse la sua densità e, di conseguenza, la sua sonorità. Una serie di fortunati ed irripetibili eventi quindi.
Sempre a Predazzo, in Valmaggiore, troviamo pure il Bosco che suona, meta e palcoscenico di grandi musicisti ospiti, cui la Val di Fiemme ha voluto intitolare un abete in segno di riconoscenza. Così, passeggiando lungo suggestivi e profumati sentieri, si incontra l’albero donato ad Uto Ughi, a Mario Brunello, a Uri Caine, a Salvatore Accardo…
Ad un tratto, ecco però una targa che ci rende consapevoli di quanto la forza della Natura ci possa colpire. È la targa che indica l’abete intitolato ad Ezio Bosso. Ma l’abete non c’è più. Non ha retto a Vaia? Sembrava di sì, in un primo tempo. Ma poi, a quanto pare, un’altra tempesta la ha investito: il direttore d’orchestra e compositore se n’è purtroppo andato, travolto pure lui da una bufera ingiusta e inarrestabile. E quell’albero robusto non ha retto, non ce l’ha fatta a rimanere qui solitario.
Oggi, a ricordo dell’esistenza fulgida di entrambi, è rimasta una parte del tronco, una targa e la musica del Maestro che, proprio a questa foresta, aveva voluto dedicare la Sinfonia “Under the tree’s voices”. Suoni e voci, di alberi e uomini, che sanno raccontare, anche quando non sono più fra noi.
Gli Alberi, che ricchezza. Il Maestro lo sapeva bene.
Propongo l’ascolto del 4° movimento della Sinfonia, il cui titolo sembra un presagio, Tree’s Sacrifice