Capire il rapporto madre-figlia
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Le donne, quelle che hanno avuto un rapporto difficile con la loro madre, spesso dicono “Mai come lei”. E pronunciano queste parole con sfida o rabbia, di certo sempre con dolore perché è una relazione importante ma anche complessa, ambivalente e sovente ricca di aspetti conflittuali.

Zitta!” il cui sottotitolo recita: Le parole per far pace con la storia da cui veniamoè una storia dolorosa e di riscattoscritta da Alberto Pellai e Barbara Tamborini. Uscito dalla Mondadori il libro è insieme un romanzo e un manuale.

Lo leggi e ti cattura immediatamente questa storia di Angela da cui emerge la fatica la sofferenza per il rapporto difficile e tormentato, una relazione problematica con una madre spigolosa e una storia fatta di continue fughe che a non poche donne possono suonare familiari. Angela è una bambina che, una volta cresciuta, passerà la sua vita alla ricerca dell’Amore, ma soprattutto di se stessa e del senso della vita. Che poi è ricerca con un comune denominatore: la rabbia mista alla frustrazione lunga anni in cui ognuno può ritrovare uno spicchio della propria infanzia

Personalmente ne ho incontrate tante di donne che in terapia fin dal primo colloquio mi hanno detto: “Dottoressa, con mia madre ho avuto un pessimo rapporto! Non so perché ma non sono stata la figlia che lei desiderava e, in fondo, non ci assomigliamo per niente.”

È questo che rende complicato l’amare e lo staccarsi, essere in collegamento con sé stessi e con l’altro se il nostro primo grande amore, cioè la madre, è stato difficile da percepire, distante o addirittura rifiutante. Ma anche semplicemente di-stratta, ovvero attratta da altre cose prima della sua creatura.

Pellai e Tamburini, il primo medico psicoterapeuta dell’età evolutiva e la seconda psicopedagogista, non solo ci narrano di questo ma ci spiegano cos’è l’attaccamento, cioè la dinamica che si

La copertina di “Zitta”

instaura precocemente e regola il nostro mondo emotivo ma anche definisce come potranno essere le relazioni più significative dell’intera esistenza. La storia di Angela può essere quella di tutte le donne che devono affrancarsi da un modello di femminile pesante e problematico, soprattutto quando le madri sono state “mancanti”. Cioè non hanno fatto la loro parte.

Ma non si è mai figlie a basta. Così nella storia di “Zitta” c’è anche un’altra figlia, Chiara. Colei che aiuta a ricomporre il quadro e a dare finalmente una svolta alla storia di tre generazioni di donne. Il romanzo allora diventa un “tragitto narrativo” che tutte le donne dovrebbero leggere in quanto può aiutare a crescere  dentro e a sviluppare quel processo di individuazione che serve a liberarsi dalla ragnatela e prendere il volo.

Un libro insomma da percorrere come un viaggio. Un percorso non solo al femminile ma che può servire anche agli uomini, soprattutto a quelli che faticano a leggere in controluce le relazioni difficili delle loro compagne e che non sanno dove trovare il bandolo della matassa ingarbugliata nei nodi del materno. “Zitta” è una narrazione preziosa per tutti e in particolare per coloro che si pongono il problema di quale amore ha bisogno una figlia.

Da segnalare anche che la storia alla fine è arricchita di una serie di proposte filmiche. Non è cosa da poco perché sappiamo che i film, come i libri sono narrazioni che ci aiutano a ri-specchiarci e “entrare nella pelle” dei protagonisti per poi uscirne con la spinta a riflettere. Il primo passo per avviare un cambiamento. 

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