Adolescenti da far crescere dopo il Covid-19
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Ettore Beraldini – La canzone del Piave

Sono una quantità le ricerche che negli ultimi tempi hanno cercato di mettere a fuoco lo stato psicologico della popolazione italiana durante e dopo il lockdown. Qualcuna di queste rivolta alla fascia giovanile ha fatto emergere anche che gli adolescenti hanno mal sopportato la lunga clausura ma, come dice il report di uno studio dell’ISTITUTO IARD che da anni svolge attività di ricerca sociale sulla fascia giovanile, si sono rivelati una generazione “matura e responsabile”. Una forte maggioranza (64,3%) ha definito “faticoso” questo periodo, ma solo un13% ha dichiarato che fosse insopportabile.

Anch’io in questo periodo, dal mio piccolo osservatorio sui giovani, ho spesso ritrovato affaticamento ma anche forza e resistenza. Li ho “incontrati” a distanza tramite Skype o altro, e per quanto disorientati, hanno manifestato sofferenza per la lontananza fisica dagli amici. Inaspettatamente, vista la loro consuetudine alle interazioni personali mediate dal cellulare, mi sono sentito dire che gli mancava quello stare insieme fisicamente e lo stare accanto gli uni agli altri.  Mi è sembrata una cosa nuova, che non riguardava l’importanza dell’amicizia, quanto lo scoprire il significato della vicinanza fisica e della presenza del corpo nelle relazioni, di quel corpo annullato nelle interazioni virtuali. Invece il lockdown lo ha stranamente rimesso in campo.

Forse proprio il lockdown ha mostrato agli adolescenti la necessità di tornare a fare i conti con la fisicità e ha imposto di ritrovare una consapevolezza nuova, quella che serve per crescere e acquisire l’identità adulta che, in fondo, è il leit-motiv di tutto il processo di individuazione in adolescenza. Condivido così l’idea che i giovani, anche con le sbavate reazioni di intemperanza e gli scarsi freni di un autocontrollo difficile, hanno messo in evidenza maturità e responsabilità. So che in questi mesi sono anche aumentati i ragazzi che hanno trovato rifugio nella rete scivolando di più nella dipendenza dal gioco online e dai social o che hanno aumentato le fila dei “ritirati” dalla società.. Ma la gran parte degli adolescenti ha mostrato risorse inaspettate.

Tuttavia il tempo del Covid, come sappiamo, non si è concluso.  E ancora di più i giovani di oggi hanno bisogno di “grandi” autorevoli e capaci di aiutarli a contenere le paure per il futuro che possono paralizzare. Hanno necessità di non essere lasciati soli ma responsabilizzati nei compiti che possono svolgere e sapere di essere considerati affidabili. Devono sentirsi rispettati nei loro bisogni di privacy e di relazione con i loro partner e non immediatamente giudicati per le loro reazioni e per le emozioni negative ed esplosive che ti mostrano.

È certamente difficile capire ciò che prova un adolescente, il suo umore perennemente altalenante, la sua continua incertezza che è la dimensione costante dell’adolescenza lunga o interminabile del nostro tempo, ma è compito dei genitori capire a quale bisogno o desiderio rimanda quello stato negativo dei loro pensieri sconfortati, di perdita o di fallimento.

E non serve il mantra “Sei bravo e non fallirai!” oppure “Tranquillo, andrà tutto bene!”. Hanno bisogno di avere qualcuno che ascolti il loro dolore e li accetti anche quando dubitano di tutto o passano dall’entusiasmo alla disperazione nella frazione di un secondo. Perché nel tempo dell’insicurezza, quella loro e quella del tempo Coronavirus, non si sa sempre come andrà a finire e cosa sia giusto fare. Forse ce ne siamo accorti un po’ tutti che è facile, facilissimo, smarrirsi almeno dieci volte al giorno.

In queste situazioni, e ai ragazzi ancora di più, c’è bisogno piuttosto di qualcuno che ascolti senza giudicare, che stia a fianco nel buio senza accendere subito la luce, che accompagni nel tunnel col silenzio delle parole ma con la presenza rassicurante dei gesti e dell’esempio di chi, anche nell’incertezza più totale, continua a coltivare fiducia e speranza.

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