Gli arrabbiati. Adolescenti disillusi e senza futuro
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Non si placano le cronache delle risse tra i giovani. Si susseguono come segni del disagio adolescenziale che cresce e, solo in parte, va attribuito al Covid. Sono gli arrabbiati della Generazione Z in preda ad una rabbia incontenibile, incapaci di governare emozioni e sentimenti esplosivi che mettono in scena ciò che sentono, ovvero solitudine, delusione e disperazione.

Le risse di notte o di giorno, improvvise e sorprendenti, sono il segnale della fatica che fanno a vivere questo tempo difficile. Non giustifico quei gesti, ma c’è bisogno di capire cosa vogliono dire. Di fatto mostrano che la zona grigia del disagio, un tempo fisiologicamente turbolenta ma definita, si è allargata a dismisura. Dalla delusione per essere stati imbrogliati sul futuro, dalla mancanza di adulti capaci di dar contenimento all’angoscia e dalla solitudine che nasce la rabbia e la violenza. In consulenza ascolto quel loro bisogno di trovare un senso alla vita e mi faccio dire le loro ferite spesso nascoste ai polsi o alle caviglie e che nessuno vede né chiede.

Perché le ricerche ci dicono che tra gli 8 e 16 anni quasi 4 su 10 si tagliano. Tu li pensi tranquilli e adattati quando non ti portano problemi scolastici, mentre invece soffrono di solitudine e di vuoto. Non glielo leggi sul volto perché è coperto a metà e perché sanno nascondere quel dolore interno difficile da accettare. Non dicono niente ai grandi, agli adulti di riferimento e mantengono il silenzio per non farli preoccupare. Poi alzano la voce e rendono evidente la loro rabbia perché qualcuno la noti. Anche se scontri e risse servono come esibizioni in rete e mostrano adunate organizzate d’improvviso sui social che non hanno regia alcuna dall’esterno e ancor meno il loro autocontrollo. La guerriglia che d’improvviso mette a soqquadro quartieri urbani e piazze non ha torti e offese da rivendicare ma spesso è sfogo di energia violenta senza motivazioni. Adrenalina pura che ai partecipanti e a chi assiste, fa dire “Ci sono anch’io in questo gruppo. Dunque esisto!”

Il problema è questo. Esistere, esserci, mostrarsi, anche con la disperazione. Pertanto è la rabbia che dobbiamo riconoscere subito, con urgenza. Anzi, anticipare.

Meraviglia che vi sia ancora chi grida alla “tolleranza zero” e auspica punizioni esemplari per correggere il cosiddetto “teppismo urbano” e risolvere il problema degli adolescenti. Quando invece, servono progetti di prevenzione e luoghi di aiuto come consultori per adolescenti e scuole in cui vi siano attività laboratoriali, docenti attrezzati a riconoscere precocemente le situazioni a rischio, strutture scolastiche che chiedano ai genitori di presenziare a percorsi di educativa familiare e classi in cui si promuovono più i comportamenti empatici che quelli di competizione. Nella gran parte dei casi gli adolescenti che incontro nelle scuole non hanno problemi psichiatrici. 8 su 10 manifestano un disagio nella funzione adattiva, sono insonni, perennemente in ansia e incapaci di gestire lo stress e l’angoscia per il futuro. Questi più che mai hanno bisogno di adulti autorevoli in grado di ascoltarli e dare contenimento a quel loro malessere sempre più esplosivo.

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