Una nuova Pasqua e simboli del cambiamento
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Mai come adesso con la Pasqua di quest’anno, siamo chiamati a pensare ai passaggi e ai cambiamenti che ci attendono con urgenza. È, di per sé, la parola Pasqua che ce lo richiede.

Pesach, di derivazione ebraica, significa « passare oltre», e allude alle trasformazioni della vita, ai cambiamenti esterni e interni da avviare. La liturgia cristiana, con le celebrazioni e i suoi riti, ci ricorda che nella vicenda quotidiana di ogni individuo, lutto e speranza, dolore e gioia, morte e rinascita si fondono. E le statue coperte nelle chiese, la mestizia dei gesti nei celebranti, le narrazioni della “parola” rinviano il credente al ricordo della morte di Cristo ma allo stesso tempo, rimandano alle perdite interne di parti proprie e alla non facile separazione dalle certezze maturate e ad un nuovo incedere del rinnovamento.

È un passaggio lento che va dal vuoto infinito e lacerante di ogni situazione in cui prevalgono i distacchi, dall’oscurità nei confronti del futuro, simile alla morte come perdita delle personali sicurezze, alla comparsa di un po’ di luce in fondo al tunnel. Ma di solito è solamente quando si affaccia alla coscienza l’oscurità della notte che si possono rimettere in campo le energie per avviare un nuovo percorso, purché si parta dalla necessità di abbandonare gli aspetti che non hanno più ragione di essere. Di certo si tratta di un momento difficile e delicato, lo smarrimento nell’indifferenziato e la sensazione di una fisionomia sconosciuta quando non s’intravede una nuova dimensione né un orizzonte verso cui muovere.

È un tempo lacerante. Ma è l’umana Via Crucis che attraversa tutta la nostra esistenza. Assomiglia ogni volta a quel navigare dall’infanzia all’adolescenza e attraversare un mare turbolento e sconosciuto che non lascia scorgere approdi sicuri. Avviene comunque quando ci ritroviamo immersi nella sofferenza per una qualsiasi perdita affettiva e non riusciamo a rintracciare nuove modalità di vita o un rinnovato ordine di valori.

Perché si tratta di uscire dal buio, risorgere o ri-emergere dagli inferi, dalle profondità oscure del proprio star male, dalla confusione e dal caos.In questi giorni che precedono la Pasqua, la narrazione della passione e della morte di Cristo, rimanda come ogni anno alle energie ctonie, quelle presenti nel sottosuolo della coscienza, nella psiche profonda, quelle stesse in cui tutti dobbiamo sostare prima di trovare la forza per accendere una nuova luce.

Solo alla fine come di un percorso e di un processo di rigenerazione sembra dirci la liturgia della veglia pasquale, potrà comparire il “Lumen Christi”, la fiamma che testimonia il Cristo risorto e rappresenta una rinnovata coscienza illuminante. Quella luce è simbolo della fiducia nella possibilità di rinascere o, quanto meno, di rimettere in campo la speranza di poter uscire dalla notte buia della sofferenza con il ritrovamento di un nuovo equilibrio e di una vera trasformazione.

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