Si chiama cultura del rischio. Riguarda tutti quegli atteggiamenti eccessivi dei giovani ovvero la tendenza ad andare oltre il limite, oltrepassare la soglia del possibile ed esplorare il terreno che va al di là del consentito.
Si tratta di comportamenti che per certi versi sono tipici dell’adolescenza e costituiscono il tentativo di mettersi alla prova, verificare le proprie capacità e la propria tenuta di fronte a situazioni nuove. Tra queste la guida spericolata per provare se stessi oltreché la propria auto, l’uso di sostanze più o meno legali, l’abuso di tabacco e di alcool. Non è estraneo in questi casi neanche il bisogno di far vedere agli altri come l’adolescente non sia più un bambino. Perché proprio in questo tempo, quando l’insicurezza e l’incertezza domina, quando l’adolescente scopre un corpo nuovo, più prestante e capace di fare cose mai fatte, vi è l’esigenza di mostrare all’esterno, agli altri, ai genitori che si ostinano a vederlo ancora bambino, quanto egli sia cresciuto e cambiato. Di per sé è una legittima necessità senza la quale potrebbe non esserci conquista dell’autonomia e raggiungimento di alcuna forma di indipendenza.
Tuttavia molto spesso, quando domina il bisogno di eccedere, quando i comportamenti dell’adolescente sono più di tipo esibizionistico, non solo è giusto pensare a quanto egli voglia richiamare l’attenzione su di sé ma anche in che misura quelle condotte vogliano verificare la capacità del genitore a ridefinire i limiti, mettere alla prova la sua resistenza e provocare una reazione. Così l’uso dell’alcool acquista valenze particolari. Rappresenta simbolicamente il “filtro magico” che può esaltare le potenzialità individuali, ma al contempo il consumo insieme agli altri ha il valore di un rito di iniziazione che sottolinea l’ingresso nell’età adulta. Si beve, dunque, per far parte di una collettività sociale, per non sentirsi esclusi, diversi. Si beve per omologarsi ad una cultura, quella dei “grandi” che sottolinea con l’alcool feste e ricorrenze, avvenimenti piccoli e grandi per i quali brindare
In fondo è proprio quando l’adolescente scopre di avere un corpo nuovo, più prestante e capace di fare cose mai fatte, che nasce l’esigenza di mostrare all’esterno, agli altri, ai genitori che si ostinano a vederlo ancora bambino, quanto egli sia cresciuto e cambiato. Di per sé, quindi il rischio che confina con la disobbedienza, è una legittima necessità senza la quale potrebbe non esserci conquista dell’autonomia e raggiungimento di alcuna forma di indipendenza.
Senza opporsi e senza trasgredire non potrebbe esservi crescita. Bisogna andare oltre il confine, spingersi lontano dal porto sicuro della famiglia per affrontare il mare magnum della vita con le sue intriganti attrattive e i suoi pericoli. L’adolescente se rimanesse fermo con le cime saldamente legate al molo, sicuro dei desideri familiari, resterebbe ai blocchi di partenza, debole e privo di fisionomia adulta. Sono le sue trasgressioni che lo fanno diventare grande. Almeno così accadeva un tempo.
Perché oggi il bisogno di trasgredire, che pur mantiene in una certa parte quella spinta al cambiamento, finisce spesso per essere un modo per uscire dalla noia del quotidiano e sperimentare il limite non tanto per avere la patente di adulto, quanto per provare emozioni forti, superare quel senso di vuoto e di inutilità che attanaglia, cercare una visibilità che permetta di trovare una dimensione nel qui e ora. Vivere con ostinazione solo il presente come unica possibilità di esserci, perché Life is now, come recitava un tormentoso slogan di qualche tempo fa e che descrive l’unica esigenza possibile quando manca la prospettiva del futuro e un progetto da sviluppare.
Provare tutto e subito, ricercare immediatamente la soddisfazione narcisistica dei propri bisogni, sembra essere ora l’imperativo dominante dei giovani del nostro tempo. Questo è il senso del rischio in un’epoca che valorizza non il tempo dell’attesa, ma il piacere dell’appropriazione immediata e il gusto bulimico dell’usa e getta. Se ai nostri adolescenti manca il senso del limite e scarseggiano di strumenti per tollerare le frustrazioni, dovremmo chiederci quale parte recitano gli adulti che spesso soddisfano ancor prima che compaiano i loro desideri, che mancando di funzioni normative sono distanti dai loro pensieri e dalle loro azioni. Dovremmo allora domandarci quanto le loro azioni trasgressive e dirompenti, alle volte devastanti, vogliano essere una tardiva denuncia della loro solitudine e dell’incapacità di trovare una via d’uscita al vuoto e alla noia.
Giuseppe Maiolo
Leave a Reply