Se volessimo metterci oggi alla ricerca di un tempo perduto o dimenticato forse dovremmo sforzarci di trovare un senso nuovo al “tempo libero”.
Parafrasando la proustiana memoria della “recherche” (M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto, Mondadori), credo che lo sforzo sia quello di superare l’odierna dispersività della cultura tecnologica e aumentare la capacità di vivere in modo personale e autentico il tempo vuoto da incombenze e impegni.
Tutti chiediamo a gran voce di averne più di tempo per noi stessi, ma la gran parte sembra non sapere cosa fare nel tempo libero, visto che si affida sempre di più all’industria del “divertimento” per interrompere i ritmi frenetici del quotidiano. Siamo in un’epoca in cui la tendenza collettiva ci spinge a pensare che la sospensione dell’attività coincida con la ricerca dello svago ma sovente non modifichiamo gran che nel tempo libero.
Al massimo durante le ferie ci sforziamo di ridurre il flusso degli impegni, perché, a dirla tutta, la “vita a cottimo” ci impone di continuare ad agire. Ma anche perché molti hanno la sensazione che le giornate stracolme di cose da sbrigare siano quelle che ci fanno sentire vivi.
Ci lamentiamo del tempo che manca e di quello che ci tolgono, ma l’IO ipertrofico e onnipotente che abbiamo sviluppato ci fa credere che ora siamo in grado di fare mille cose insieme, in maniera accelerata e da ogni luogo della terra. Però stiamo facendo confusione tra il tempo cronologico e quello interno psicologico, che è tutt’altra cosa.
Il primo, dicevano i greci, è il Krónos che si misura ed è lo spazio del “fare” dove conta la quantità in quanto tempo che “riempie” o “svuota”, valorizza o svalorizza, colora o stinge il passato e il futuro. Il secondo invece è Kairós, tempo “dell’essere”, che in greco vuol dire “tempo opportuno” e “dell’attesa” durante il quale ci possiamo preparare a incontrare l’inatteso, che è poi ciò che serve per affrontare la vita e i suoi cambiamenti. È con Kairos che proviamo la dimensione del tempo come raccoglimento e ascolto di noi stessi. E’ il tempo dell’ozio che abbiamo bollato come inutile e pericoloso.
A far prevalere il Krónos, si rischia di far crescere la nostalgia de passato o la paura del futuro. Se diamo spazio a Kairós, possiamo ascoltare il presente, noi stessi, i nostri dubbi e gli interrogativi sul “chi sono” “dove mi trovo” e “dove vado”. In altre parole è l’ozio che coincide con il “tempo libero”.
Travolti dal mito della civiltà “operosa” dell’agire e del parlare in continuazione, ossessionati dall’idea del rendimento che svalorizza ciò che non produce come “l’ascolto” e il “silenzio”, la ricerca del “tempo libero” non è cosa facile. Ma urge mettersi alla ricerca di esso non tanto per averlo come anestetico al dolore, né come solo svago o scappatoia da noi stessi e dalle nostre parti nascoste. Il “tempo da ritrovare” è la capacità di saper stare nel “qui e ora” ad ascoltare la propria attenzione.