Continuiamo a chiamarle Baby gang anche se non lo sono. Capisco che sia per comodità ma da anni insisto nel dire che si tratta di bulli e bulletti senza regole e senza limiti. Le Baby gang di matrice sudamericana sono un’altra cosa.
Non vi è dubbio però che l’aumento del fenomeno sia preoccupante, ma è quel bullismo diffuso a cui non riusciamo a mettere un contenimento perché di fatto aumenta ovunque, non solo a scuola ma anche in casa per esempio tra i fratelli. Non lo vediamo perché ci siamo abituati oppure facciamo finta di non vedere. Del resto la violenza verbale e fisica circola ovunque nelle relazioni sociali e familiari, nella vita reale e ancora di più online
Quei ragazzini che aggrediscono i pari o gli adulti sulle passeggiate o accendono risse picchiandosi tra di loro senza un motivo preciso, sono adolescenti abbandonati a se stessi che vivono un vuoto di autorità educativa. Le loro violenze sono da una parte un modo per essere accettati dal gruppo facendone parte e al contempo una specie di “gioco” (per lo meno così dicono loro) che pensano di poter fare per avere visibilità
in una società di adulti che non li vede se non quando ne fanno di grosse.
Sono minori che non provengono da realtà degradate, ma adolescenti arrabbiati cioè abitati dentro da rabbie comuni e da emozioni forti che nessuno ha educato a gestire. Né in famiglia né a scuola si educa alla gestione delle emozioni e così sono senza strumenti di autocontrollo. Non sanno dire ciò che provano e tantomeno distinguere il bene dal male,. Senza nulla togliere alle responsabilità dei loro gesti che vanno sanzionati, dovremmo però smetterla come adulti di invocare le forze dell’ordine e le pattuglie per risolvere queste situazioni di certo gravi ma da affrontare con strumenti educativi che sono di competenza della famiglia e della scuola non della polizia. Tali richieste, invece, sono la conferma del totale della comunità educate.