Durante la quarantena c’era chi aveva fatto previsioni rispetto alle conseguenze del lockdown. Diceva che avrebbe prodotto gravi effetti sulla salute psicologica e mentale degli individui e avrebbe fatto aumentare le dipendenze in tutte le sue forme. E così è stato.
Secondo ricerche internazionali, infatti, e alcune interessanti indagini italiane di Centri d’intervento e sostegno sono emersi elementi che hanno portato a ritenere quanto le condizioni di isolamento prolungato siano state responsabili dell’aumento dei livelli di stress. Per contenere l’angoscia per il futuro che ha generato sconforto e stati depressivi, molti hanno “alzato il gomito” e hanno iniziato a bere. Altri che invece avevano già una dipendenza, hanno incrementato questo comportamento.
L’idea che sottostava il consumo, era quella di aver bisogno di qualcosa di gratificante per sentirsi meglio e ridurre la paura. Ad essa, come spesso accade, è associata la convinzione di essere pienamente in grado di controllare gli effetti delle sostanze utilizzate. Ma di solito si tratta di pura illusione. Di fatto, in ogni forma di dipendenza, la perdita del controllo e il comportamento compulsivo, sono gli effetti più temibili e pericolosi. A maggior ragione nelle condizioni di isolamento come nel lockdown, dove vi è stato un ribaltamento generale delle abitudini quotidiane.
La mancanza di autocontrollo ha favorito, ad esempio, la crescita dei disturbi alimentari come la bulimia e l’anoressia o la dipendenza affettiva che, solitamente, vede esposte più le donne degli uomini. Il motivo della sua crescita sembra essere dovuto all’acuta preoccupazione per il futuro che ha portato alcune donne a vivere con terrore l’idea di poter restare sole. Afflitte dall’angoscia della separazione anche se consapevoli di stare con un partner inadatto o violento, sono rimaste aggrappate all’illusione che le cose prima o poi sarebbero potute mutare. Mogli, madri, compagne o fidanzate si sono trovate bloccate all’interno di relazioni affettive sbagliate e spesso caratterizzate da rapporti oppressivi e sadici dei loro partner.
Non è un caso che la vicinanza forzata e la conflittualità, spesso esistente prima della quarantena, abbia aumentato la violenza domestica e impedito alle donne di chiedere aiuto denunciando offese e aggressioni. Situazione questa, definita allarmante da un recente rapporto dell’Onu sulla condizione femminile nel mondo al tempo della pandemia.
Poi ci sono studi come quello dell’Ospedale pediatrico Gaslini di Genova, sviluppato su 6800 famiglie, che ha messo in rilevo nei bambini numerosi comportamenti regressivi e nei ragazzini sopra i 6 anni, frequente irritabilità, umore altalenante e significative alterazioni del ritmo sonno-veglia con grandi difficoltà ad addormentarsi e fatica nel risveglio mattutino.
Accanto a queste manifestazioni di evidente disagio, un’altra indagine “Giovani e quarantena” fatta dall’Associazione Di.Te, in collaborazione con Skuola.net, intervistando più di novemila ragazzi tra gli 11 e i 21 anni, ha rilevato come tra i teenager siano aumentati ansia, attacchi di panico e manifestazioni depressive. In particolare poi, è stato messo in evidenza il dato che vede tra gli adolescenti un aumento smisurato del tempo di utilizzo della tecnologia digitale. Usata necessariamente per l’attività scolastica a distanza, l’incremento dell’uso dei dispositivi digitali è stato motivato dall’acuto bisogno di rapporti sociali tipico dell’adolescenza e dalla necessità di contrastare la noia e riempire i vuoti della giornata. Allo stesso tempo, però, l’abuso del cellulare ha aumentato il rischio della sua dipendenza perchè, come ormai sappiamo, lo smartphone è il maggiore responsabile in quanto attiva il perverso circuito della ricompensa.