Cucinare vuol dire prendersi cura
Share :

Ve li ricordate, all’inizio del lockdown, gli scaffali delle farine e del lievito al supermercato?

Vuoti. Tutti gli Italiani a casa a impastare pane, pizze e fettucine. Il cibo ha molto a che fare con gli affetti e le emozioni. E ci protegge, come un bel maglione caldo, come una coccola. Adesso gli scaffali delle farine sono di nuovo pieni. Idillio  già terminato?

In tema di cibo, credo siamo tornati alle abitudini precedenti.   Ancora tanti, soprattutto maschi (chissà perché? ma c’è un perché) vogliono solo mettere qualcosa in pancia e sentirla gonfia al termine. Gli  stessi che  non  mangiano colazione e pranzo, perché non hanno tempo. Che, quando si siedono al ristorante, nel fine settimana, dimenticano le buone maniere e, indifferenti  agli altri (e alla grammatica), ordinano per primi: “Per me mi fai…”, come se il cibo scappasse via.  È più forte di loro.

Retaggio degli uomini primitivi,  alla ricerca ossessiva del cibo? O, per non prenderla troppo da lontano, eredità dell’ultimo dopoguerra quando la fame era una cosa seria?  Altri  non sopportano di dedicare più di cinque/dieci minuti alla preparazione del pasto, per cui, se devono cucinare, sono dei fans della pasta in bianco (la pasta del cornuto, secondo il detto popolare, ma loro non lo sanno) e sbattono in padella o sulla griglia rovente carne o pesce senza la minima cognizione delle reazioni chimiche e fisiche.

E così mettono sotto i denti vere suole di scarpa o cibi stopposi e senza sapore. Con assoluta insensibilità  per la salute di chi siede alla loro tavola. Gli stessi che acquistano  gli ingredienti al massimo ribasso, quelli che la Grande Distribuzione assicura di  mettere a nostra disposizione (“prezzi bassi e fissi”), impietosita dallo stato delle nostre finanze (ma se il cibo costa troppo poco, o è stato derubato il produttore  o  ci viene servita spazzatura, seppure corretta da  zuccheri e grassi idrogenati).

Stop. Fermiamoci un momento. Non siamo dei contenitori dove gettare l’immondizia. Siamo qualcosa di più e di meglio. Il cibo è una cosa seria. (Ri)partiamo da qui.

Prima ancora degli aspetti nutrizionali e del gusto, occuparsi del cibo è prendersi cura degli altri. In tante maniere. Per esempio, utilizzando il  proprio tempo (e ne serve!) per procurarsi delle materie prime  “buone, pulite e giuste”, come recita lo slogan di Slow Food. Dedicando la cura necessaria alla loro lavorazione e trasformazione. Con pazienza e precisione. Cucinando secondo  metodiche scientifiche, attenzioni salutistiche, creatività e gusto. Perché quel cibo che gustiamo lentamente, quello  che ci fa stare bene insieme, che ci procura piaceri intensi e avvolgenti, è destinato a restare nel nostro corpo per qualche giorno, a nutrirci. E possiamo allora introdurre spazzatura?

Chi invece cucina  per te con cura e attenzione ti regala molto del suo tempo, si preoccupa della tua salute e ti emoziona con i sapori.

Ascolta l’articolo

Share :