Dalla vigilia all’attesa. Una lama di speranza
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Attesa è l’incrociarsi di condizioni che fanno rivolgere il nostro sentire verso un accadimento che prevedibilmente o sicuramente avverrà. Siamo indotti ad at-tendere, e viviamo in attesa, in quel tempo che va fra la previsione dell’accadimento e la sua realizzazione.

La Storia ci racconta di attese importanti per l’Umanità, che a posteriori noi leggiamo come “vigilie” di grandi cambiamenti o perfino di svolte epocali.Perché vigilia? Perché il giorno trascorso nell’attesa spesso non ci fa dormire. Diventa una veglia, da cui vigilia. Come la vigilia che ogni anno, nella Cristianità, rievoca la nascita dell’Uomo il cui nome segna la Storia da 2000 anni. Proprio l’occasione imminente di questa Vigilia mi porta a riflettere su altre attese importanti di cui i posteri, spero, potranno parlare come di vigilie epocali.

La cura, il vaccino e, speriamo, la fine di questa pandemia, questa è un’attesa che certo disturba adesso i sonni di molti. Ma cos’è la pandemia se non essere costretti ad accorgerci di avere dei limiti, che l’uomo non è il Re dell’Universo come il nostro Antropocene sembra volerlo incoronare? Il nostro saccheggio delle risorse della Natura, l’arroganza spietata nei confronti dei nostri simili più deboli, stanno ormai da decenni mostrando i propri disastrosi esiti. Da un lato uomini che si avviano spavaldi e noncuranti verso il tramonto della civiltà, che non osano o non possiedono il coraggio dei grandi cambiamenti, contro il declino epocale che minaccia la permanenza stessa dell’Umanità sulla Terra. Dall’altro lato le istanze dei giovani di tutte le età, coscienti delle minacce oscure sul futuro, che premono perché questa nave cambi rotta, finché si è ancora in tempo per farlo.

È impossibile non vedere piramidi di ingiustizia sociale, picchi di assurde ricchezze accanto a baratri di povertà. Ed è molto difficile che con questi presupposti, milioni se non miliardi di individui, non smarriscano il senso di appartenenza al genere umano. Per fortuna, accanto agli umani occupati a sopravvivere e a sopraffarsi a vicenda, come squarci di sereno esistono altri umani intesi a cercare di costruire reti di solidarietà e comprensione dei problemi global-individuali. E allora l’attesa.

Di un cambiamento ancora possibile e radicale. Che c’è in ognuno, anche in chi si affanna a negare la necessità di cambiamento, vuoi per tornaconto personale, vuoi per miopia intellettuale, o per fatalismo, o per chissà cosa d’altro. L’attesa che si colora di scontro, coraggio, amarezza. Di speranza.

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