L’attesa è una tela bianca sulla quale dipingere con i colori della nostra immaginazione. La tavolozza che teniamo in mano è come il futuro che aspettiamo, sospesi, in attesa di vivere. Aspettiamo tutta la vita per iniziare a vivere o per morire. Da bambini, i colori che attingiamo a piene mani da quella tavolozza, sono quelli della vitalità, della leggerezza e dei desideri: rosso, giallo e viola. E nei nostri occhi tutti i colori della luce. Quella stessa luce che Newton scoprì essere costituita da sette colori (così come sette sono le note musicali o i giorni della settimana) che chiamò spettro, cioè apparenza.
Il nostro quadro ha nel tempo il suo nemico: l’attesa, per i più giovani, rappresenta l’antitesi alla pazienza.
In quella fase della vita, vorremmo che il tempo volasse via liberando dai suoi lacci desideri, aspirazioni ed ideali. L’attesa rappresenta il vuoto, apparentemente incolmabile, che ci separa dalla felicità.
Nel corso degli anni, l’attesa, abbandonato il ruolo di nemica, diventa nostra costante alleata. Il nostro quadro, immaginando di ridipingerlo, avrebbe toni meno accesi, filtrati dalla maturità e dalla consapevolezza: una profonda riflessione sul loro significato e valore. Il verde è probabilmente il colore che sceglieremmo per descrivere salute e rinascita. Attendere, ma più semplicemente sapere gestire il nostro tempo e i nostri impulsi, è un’attività tipicamente umana che si origina dall’area prefrontale del nostro cervello, laddove si attuano le più intime correlazioni con le altre aree. È la parte più giovane del nostro cervello, e quindi l’ultima a stabilizzarsi, e solo dopo i venti anni raggiunge la piena maturità.
Le emozioni sono i colori della vita; senza di esse, la nostra esistenza sarebbe piatta, incolore. Troppo colore, al contrario, finirebbe con il fare prendere il sopravvento alle emozioni, con il risultato di fare prevalere l’impulsività.
L’attesa permette che il tempo svolga la sua azione lenitiva trasformando il dolore in speranza, la rabbia in equilibrio. Succede nei tempi del covid (in cui è facile mescolare alla rinfusa pennelli e colori in un caotico quadro astratto) che la speranza e l’equilibrio cedano il posto all’ irrazionalità.
La condizione che stiamo vivendo (quarantena), ci indurrebbe a scegliere dalla nostra tavolozza i colori più scuri per dipingere il nostro quadro (perché paura e ansia si declinano cromaticamente con il grigio e il nero); le prossime festività, al contrario, anche se profondamente diverse da tutte quelle che abbiamo vissuto, ci aprono alla speranza, ammorbidendo i toni foschi con ampie pennellate di verde.
È la costante ricerca del senso della vita che ci indica la meta da raggiungere, un nuovo quadro da dipingere per arricchire la nostra personale galleria dei colori, anche se talvolta la bussola smette temporaneamente di indicarci la rotta. In fondo, gli uomini non vivono, ma sono sempre in attesa del vivere: rimandano tutto al futuro (Seneca).