La guerra alla televisione non è fiction, ma spesso fai fatica a distinguerla dalla finzione, soprattutto se sei un bambino abituato a giocare con i videogame di guerra. Questo però non accade solo ai piccoli. Perché, come abbiamo letto, alcune immagini della guerra in Ucraina trasmesse in TV dalla RAI sono state spacciate per vere mentre erano false in quanto tratte da un videogioco. Errore o meno dell’Ente di servizio pubblico, il problema però è la quantità di violenza che circola normalmente nei media e che la guerra ha fatto crescere come realtà e come finzione.
A passare la notte davanti allo schermo piatto che campeggia ormai in ogni casa, la devastazione della guerra si aggiunge ai programmi in cui dominano ammazzamenti, sparatorie e scontri di bande criminali conclusi sempre e solo con la violenza. Rari invece gli esempi in cui i conflitti vengono risolti in modo pacifico e costruttivo.
La violenza, insomma, la fa da padrona ovunque, perfino nei programmi televisivi dedicati ai bambini dove prevale un’esasperata competizione e un selvaggio antagonismo. La filosofia è quella del più forte, del vincitore che ha muscoli ma anche superpoteri e, in definitiva, è il migliore.
Data l’attuale pervasività degli strumenti di comunicazione, il modello che avanza e si definisce in maniera stabile è quello del pensiero binario forte-debole, giusto-sbagliato, migliore-peggiore.
Il rischio elevato che ormai da tempo corriamo tutti, è di finire col normalizzare la violenza e non sentirla più pericolosa e distruttiva, ma legittima. Così la prevalenza delle soluzioni violente su quelle non violente comporta una quantità di pericolose conseguenze soprattutto per i minori.
Al primo posto vi è l’esposizione eccessiva che può produrre assuefazione e spingere adulti e bambini verso l’imitazione dei comportamenti aggressivi e delle azioni di violenza.
Poi la visione continua di azioni distruttive, esplosioni e bombardamenti come pure l’espansione della guerra e la sua durata fanno enormemente aumentare la paura, e la trasformano in terrore cronico.
Da ultimo il pericolo maggiore è quello di indurre una sorta di anestesia emozionale che raggela la partecipazione empatica e riduce la solidarietà e, peggio ancora, deumanizza il nemico.
Si tratta allora per tutti di contenere l’esposizione a queste immagini ed evitare che i più piccoli ne vengano travolti. Accompagnare i bambini mentre vedono distruzione, morti, persone in fuga o ferite, è necessario ma serve se ascoltiamo con attenzione i loro pensieri e li invitiamo a dire cosa hanno visto e sentito. È fondamentale non negare la loro paura e sollecitarti ad esprimere i vissuti di sofferenza senza che si sentano giudicati. Servirà da grandi per dare voce al dolore interno e un nome a ciò che si prova.
Un grande aiuto potrà venire dal far immaginare cosa serve per risolvere la guerra. Allo scopo può essere utile costruire insieme una storia con un finale pensato liberamente da loro, senza preoccuparsi che sia verosimile e appropriato. È poi penso essenziale il mantenere la leggerezza educativa fatta di un tempo condiviso con il gioco creativo, la lettura di storie fantastiche e il disegno che fa divertire e rinforza la fiducia nella costruzione della pace e nella vita.