Leggere e scrivere
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Nel mondo greco-romano si leggeva a voce alta; ma già nel V sec. a.C.  era possibile la lettura silenziosa, individuale. Nella tragedia “Ippolito” di Euripide, Teseo si accorge che la moglie morta ha una tavoletta scritta che le pende da una mano; la prende, la guarda in silenzio, dimostrando però di aver letto e capito ciò che vi è scritto.

A Roma, leggevano gli schiavi e i sacerdoti, non tanto per piacere, quanto per obbligo o necessità. Provenivano da luoghi lontani – spesso dalla Grecia e dalla magna Grecia – dove la lettura e la scrittura erano già note e praticate.

Tra la fine del II secolo a.C. e l’inizio del I nacquero le biblioteche private, in cui si coltivavano l’otium letterario e l’incontro sociale. Nell’età imperiale si diffusero le biblioteche pubbliche e le tabernae librariae, cioè le botteghe dove i libri venivano venduti e dove i lettori si incontravano per discuterne. Insieme ai saggi storico-filosofici, spuntarono anche testi in prosa di intrattenimento, come Leucippe e Clitofonte di Achille Tazio, Dafni e Cloe di Longo Sofista e le Etiopiche di Eliodoro. L’epoca di produzione di queste opere potrebbe essere più o meno il 3° secolo d.C.

Con la crisi dell’impero romano, l’alfabetizzazione subì una battuta d’arresto: a nessuno interessava leggere e scrivere, gli stessi re erano analfabeti, come Teodorico che morì nel 526 e che, durante i dieci anni di regno, per firmare gli editti “aveva una sagoma d’oro traforata che conteneva le quattro lettere del re…posava la sagoma sopra la carta e vi faceva passare la sua penna…”.

Carlo Magno, uomo colto, che conosceva il latino e capiva il greco, non sapeva scrivere. Gli unici individui capaci di leggere, scrivere e copiare vivevano nei monasteri; intorno all’anno 1000 si cominciò a leggere nelle chiese.

Scrivere e leggere

Nel 1200 si poteva “costruire” un libro in quattro modi, secondo Bonaventura da Bagnoregio:

“Alcuni scrivono parole altrui, senza aggiungere o cambiare alcunché, e chi fa questo è uno scriba (scriptor). Altri scrivono parole altrui e aggiungono qualcosa, però non di proprio. Chi fa questo è un compilatore (compilator). Poi ci sono quelli che scrivono sia cose altrui sia proprie, ma il materiale altrui predomina e quello proprio è aggiunto come un allegato a scopo di chiarimento. Chi fa questo si definisce commentatore (commentator). Chi invece scrive cose che vengono da lui, e il materiale altrui serve a confermare il proprio, questi è da chiamare autore (auctor).”

Dal 1400 le biblioteche, dove si leggeva ad alta voce o si dettava, vennero sommerse dal silenzio: ciascuno aveva davanti a sé un libro incatenato ad un leggio. Si leggeva in piedi.

Con l’avvento della stampa e, contemporaneamente, con l’affermarsi delle Signorie, la lettura si diffuse ampiamente; nacquero le antologie, le sintesi di grandi opere. Gli umanisti insegnavano, gli studenti apprendevano dalla viva voce dei maestri o dalle pagine dei libri. Il mondo protestante fu agevolato dalla stampa; gli scritti religiosi entrarono in tutte le case a prezzi abbordabili. Nel mondo cattolico, invece, la stampa fu frenata, nel timore di interpretazioni troppo libere della parola scritta, ma fu al contrario apprezzata quando l’Inquisizione se ne servì per stampare l’ Index librorum prohibitorum (indice dei libri proibiti). Perciò, mentre in Europa ci si abituava alla lettura di storie intorno al focolare, in Italia si rimaneva legati prevalentemente ai canti religiosi. In Inghilterra le locande esibivano giornali ed opuscoli, che ciascun avventore poteva leggere in silenzio, o che un buon lettore leggeva a voce alta.

Naturalmente, la lettura era una pratica da uomini, per le donne la stampa è rimasta a lungo un tabù. Nella commedia La scuola delle mogli” di Molière si legge, fra i doveri di una donna del 1600, maritata, il seguente principi

I libri furono, in seguito, rilegati dagli stessi stampatori, la lettura divenne per molti una pratica quotidiana, un’abitudine irrinunciabile. E’ in questo momento che si affermano i presupposti per la nascita del racconto moderno, il novel.

Ma ancora la lettura maschile era vista come un’azione che favoriva lo sviluppo intellettuale, quella femminile veniva considerata un atto fisico, insidioso perché dava piacere…le letture erano dunque sconsigliate alle fanciulle, perché nemiche della salute e della bellezza, capaci di danneggiare la vista, di causare svenimenti, di alterare il ritmo cardiaco!

Il fatto è che si temeva il coinvolgimento emotivo, l’influenza che certi autori o certi argomenti potevano avere sulle donne. Il racconto veniva visto come un pericolo.

Le lettrici “sceglievano” i testi già scelti dagli uomini, fin quando non si diffusero le biblioteche circolanti a pagamento; nel 1800 a Londra ne circolavano 110 e nelle città di provincia 268. Per consentire la lettura anche a chi non poteva pagare l’iscrizione alla biblioteca circolante (annuale, semestrale, trimestrale o perfino giornaliera, o per il tempo della lettura di un libro) sorsero società di lettura, circoli, biblioteche pubbliche.

Leggere e scrivere…un racconto

Il primo vero racconto della letteratura occidentale è quello scritto da Luciano di Samosata, nato verso il 120 nell’attuale Siria. Dopo essersi dedicato alla retorica ed alla filosofia, dopo aver prodotto almeno 80 opere di vario genere, approda al racconto Lucio o l’asino.

Nello stesso periodo, Apuleio, africano romanizzato, scrisse le Metamorfosi, conosciute anche col titolo di Asino d’oro, ampia opera in prosa. L’argomento è lo stesso, pare che il vero creatore sia stato tale Lucio di Patre, ma Luciano in greco ed Apuleio in latino hanno dato a questa storia dignità d’arte.

Il protagonista è Lucio che, ospitato da un amico di suo padre, in Tessaglia, osserva di nascosto le attività magiche della moglie del padrone di casa.  La vede trasformarsi in uccello grazie ad un unguento. Allora Lucio, incuriosito, prova a trasformarsi, ma sbaglia unguento e diventa un asino. Potrà tornare uomo solo se mangerà delle rose.

E qui cominciano le peripezie: secondo Luciano, ciò accadrà in un teatro, sotto gli occhi del pubblico stupito e incredulo. In Apuleio la storia diventa contenitore di altre storie (“racconto nel racconto”), per concludersi con un ritorno alle sembianze umane in una luce mistica di salvezza. Sembra quasi che Apuleio voglia dirci che l’uomo, cadendo nell’errore, diventa simile ad una bestia, ma può essere salvato dalla grazia illuminante  e beatifica della divinità. Dopo Luciano, nel mondo greco troviamo altre opere in prosa: le Etiopiche di Eliodoro sono racconti strettamente legati l’uno all’altro, nel senso che il primo anticipa la storia del secondo, il terzo contiene la conclusione del secondo, il quarto riporta la storia del primo ecc. ecc. E’ insomma una pluralità di storie  principali e secondarie in cui gli eventi si susseguono senza intervalli.

Dafni e Cloe è l’opera in prosa in quattro libri scritta da Longo, detto il Sofista, che ha trattato un argomento già molto sfruttato (l’amore contrastato fra due giovani, con lieto fine), ma lo ha inserito nel mondo pastorale, descrivendo una vita semplice.

Più avventurosa è la storia di Leucippe e Clitofonte, raccontata da Achille Tazio: è tutto un susseguirsi di rapimenti, colpi di scena, pirati, naufragi. Qui la novità è data dal fatto che il racconto si sviluppa in prima persona; è lo stesso protagonista che descrive le sue avventure.

In sostanza, il mondo greco usa la prosa sia per temi storici o filosofici, sia per racconti che non devono istruire, ma soltanto dilettare. Il mondo latino, soprattutto nel periodo cristiano, tende a sviluppare argomenti religiosi. Per racconti veri, che siano capaci di divertire, bisogna aspettare la nascita della letteratura italiana e l’affermazione del volgare.

Il racconto secondo gli autori contemporanei. Prima di iniziare a parlare del racconto nella letteratura italiana, forse è il caso di chiedersi perché si scrive, perché si scrive un racconto, perché si legge, perché si sceglie di leggere un racconto. Qualche testimonianza, più o meno illustre, può aiutarci a trovare risposte convincenti anche per noi lettori:

Leggere

Leggimi subito, leggimi forte

Dimmi ogni nome che apre le porte

Chiama ogni cosa, così il mondo viene

Leggimi tutto, leggimi bene

Dimmi la rosa, dammi la rima

Leggimi in prosa, leggimi prima.

(Gianni Rodari)

Luis Sepùlveda:

Credo che i miei libri debbano molto soprattutto a tre autori: Cortàzar, Soriano e Hemingway. Sono quelli che sento più vicini, che più ho amato. I primi due li ho conosciuti, Hemingway evidentemente no, ma ho un rapporto così stretto con lui, conosco così bene ogni dettaglio della sua vita, che mi sembra di esserne stato amico. Nel caso di Cortàzar,  “Il gioco del mondo” fu per me una grandissima rivelazione: la scoperta che tutto era possibile in letteratura, che era possibile allo stesso tempo trasmettere idee, far divertire ed esercitare l’arte della seduzione. Si scrive per sedurre con le parole. O si è un seduttore o non si è uno scrittore. Se non si è convinti di stare usando le parole più belle del mondo, della necessità di raggiungere con quelle parole un ordine esteticamente perfetto che riempirà di ammirazione chi legge, non si sta credendo in ciò che si scrive. Non si può far nulla in letteratura se non si parte dalla premessa fondamentale che si scrive per sedurre il lettore. Naturalmente sedurre non vuol dire ammaliare e alienare: si seduce qualcuno per poi procedere insieme mano nella mano…..Scrivendo quei racconti (“Los miedos, las vidas, las muertes y otras alucinaciones”) imparai molte cose. All’inizio non ero sicuro della mia vocazione di scrittore, eppure mi sentivo sicuro di quei testi. Non mi sono mai seduto a scrivere senza avere la sicurezza di dominare il testo, anche se poi, ed è la parte più affascinante di questo mestiere, quel testo acquista una sua libertà durante la scrittura e apparentemente ti sfugge di mano….Ma imparai soprattutto che il genere che più mi piaceva, quello in cui mi sentivo più a mio agio, era il genere più difficile: il racconto breve. C’è poco da fare, il racconto riesce o non riesce…”  (Raccontare, resistere, Guanda ed. 2002)

L. Sepùlveda è nato nel 1949 in Cile; ha vissuto ad Amburgo e Parigi,e ha vissuto in Spagna dove è morto il 16 aprile 2020. Ha scritto Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, Il mondo alla fine del mondo, Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare e molto altro.

Christiana de Caldas Brito: “Dai decasillabi di mio nonno sono andata a cercare altri poeti,…molte delle parole usate da Dante mi sfuggono, ma non mi sfugge il ritmo della sua poesia…(I personaggi) hanno cominciato a parlarmi piano. Poi, un po’ più forte. Alla fine, gridavano. Volevano farsi sentire. Non ho fatto altro che ascoltarle e permettere loro di impadronirsi della mia voce. Grazie a loro ho qualcosa da raccontarvi.”                                               (Amanda Oliva Azzurra e le altre, Oedipus 2004).

E’ nata a Rio de Janeiro, si è laureata in Filosofia in Brasile, poi si è trasferita in Italia, laureandosi in Psicologia a La Sapienza  di Roma. Ha pubblicato direttamente in italiano la raccolta di racconti Amanda Olinda Azzurra e le altre.

 

Antonella Cilento: “Ci sono racconti che nascono in camera iperbarica, sono piccoli e sottopeso, ideuzze buone, ma che l’autore stenticchia a scrivere, cui servono bombole di ossigeno e alimentazione forzata e allora si sarebbe tentati di lasciarli morire e invece bisogna iniettare loro fiducia, voglia di vivere.

E racconti, invece, sovrabbondanti, caciaroni, parolai, autocompiaciuti, superaggettivati che di colpo s’impongono nella loro confusione e autoreferenzialità. Questi bisogna metterli a dieta, asciugarli, restringerli, bisogna insegnare all’autore a togliere, a rinunziare. Ma l’autore, nel frattempo, si è affezionato alla storia, alla parola, alle frasi che sembrano contenere il senso della vita. Tutto ciò che piace va tolto, il bel gesto, la frase di maniera, l’azione ovvia: troppo elegante, troppo pulp, troppo minimalista, troppo barocca.”      (Antonella Cilento, Asino chi legge, Guanda ed. 2010) 

E’ nata nel 1970 a Napoli, dove vive e dove ha creato il Laboratorio di scrittura creativa Lalineascritta; ha scritto racconti radiofonici per la RAI, numerosi testi per il teatro, cortometraggi  e racconti.

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