Adolescenti. Quei temerari sulle macchine volanti
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C’è un tempo bellissimo, tutto sudato

Una stagione ribelle

L’istante in cui scocca l’unica freccia

Che arriva alla volta celeste

E trafigge le stelle…

(“C’è tempo” di Ivano Fossati)

Prendo a prestito il titolo di un libro sulle tossicodipendenze del prof. Cancrini (1982) che a sua volta riprendeva il titolo di un vecchio film (1965), ma trovo che l’espressione “quei temerari sulle macchine volanti” evochi perfettamente, almeno in me, cos’è l’adolescenza e conseguentemente chi è l’adolescente,  con quel tanto di pericolo che il desiderio di volare, a partire da Icaro, comporta.

Questa rivista si occupa spesso delle tematiche collegate all’adolescenza e questi interventi hanno stimolato  in me delle riflessioni ed anche il desiderio di partecipare a questo dibattito introducendo una prospettiva che mi sembra a volte essere trascurata.

Come premessa vorrei dire che non credo affatto che gli adolescenti di oggi siano diversi da quello che erano gli adolescenti di un tempo, almeno non dal punto di vista pulsionale. Nella mia città, a Padova c’è un caffè famoso, il Pedrocchi, al cui interno si trova una targa  ricordo della rivolta contro gli austriaci 8 febbraio 1848, anche all’epoca nella ribellione furono in prima fila gli studenti, gli adolescenti dell’epoca!

Certo nessuno può negare che le trasformazioni tecnologiche di questi anni siano significative ma forniscono strumenti che non siamo ancora in grado di maneggiare appieno, e per questo potenzialmente pericolosi. In questo senso abbiamo il dovere di evitare che come Icaro i ragazzi possano bruciarsi.  Ma sono appunto strumenti.

Quello che voglio invece sottolineare è il modo con cui gli adulti si rivolgono agli adolescenti, quasi fosse un tentativo di “normalizzare” ciò che per sua stessa natura tende a sfuggire alla normalizzazione, e questo tentativo rivela a mio parere almeno due aspetti del mondo degli adulti di cui tener conto.

Il primo aspetto riguarda la memoria, il poter ricordare come eravamo da adolescenti, quelle che erano le nostre difficoltà ed il nostro modo di affrontarle. È possibile che questo vuoto di memoria sia un meccanismo di difesa per non fare i conti con il nostro passato con le nostre speranze irrealizzate e con le nostre delusioni.

Il secondo punto a mio parere è la mancanza di fiducia che si manifesta nel duplice aspetto mancanza di fiducia nell’adolescente ma anche, e forse direi soprattutto, in noi stessi nel nostro essere stati genitori.

Prendiamoli in considerazione uno alla volta.Il primo punto che ho citato la “mancanza di memoria”, ebbene è come se fosse stata rimosso dalla coscienza il ricordo di quanto sia stato, per tutti noi, un periodo difficile, oppure come in un immagine speculare il ricordo viene drammatizzato. Capita allora di sentire dalla stessa persona affermazioni di questo tipo: “per carità non tornei mai all’adolescenza” e subito dopo “ma noi eravamo diversi” senza accorgersi che l’una affermazione contraddice l’altra.E poi diversi in cosa non si sa, e come all’interno di un cerchio ci si trova a dire le stesse cose che i nostri “adulti “ dicevano di noi e che tanto ci faceva sentire incompresi e ci infastidivano.

Il secondo punto è la mancanza di fiducia, tanto negli adolescenti, quanto in noi stessi, o forse soprattutto in noi stessi. Nella nostra esigenza “normalizzatrice”, che spesso nasconde solo il desiderio di non essere disturbati, non riusciamo ad avere fiducia nel “nostro” adolescente, nelle sue risorse che, come la letteratura psicologica c’insegna, sono molto di più di quelle che vediamo e conosciamo.

Ma è soprattutto in noi stessi che non riusciamo ad avere fiducia, siamo come dei contadini che dubbiosi dell’aver seminato bene, trascorriamo il tempo in attesa di veder crescere il raccolto senza lasciare allo stesso il tempo di maturare. Vogliamo che siano grandi ma senza dar loro il tempo di crescere, e al tempo stesso temiamo la loro crescita perché rappresenta la fine della nostra epoca ed anche della nostra centralità nel loro mondo.

Temiamo quello che ci ricordano, il nostro passato di adolescenti, ma anche il futuro che rappresentano e nell’illusione di evitare questo nostro conflitto vorremmo normalizzarli, rendere l’adolescenza un periodo della vita liscio e piatto. Temo non sia possibile.

Una figlia adolescente dice al padre: “Papà ho deciso questa estate voglio fare l’adolescente normale”

“Tesoro -risponde il padre- la normalità dell’adolescenza consiste nel non essere normale”

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